Le ragioni della politica - dieci temi di ragionamento e di ricerca
(MITI, RITI E SIMBOLI DELLA POLITICA)
I sistemi politici non svolgono solo funzioni strumentali, come la distribuzione di beni, servizi o potere ai vari gruppi di cittadini. Essi fungono anche da potente mezzo di espressione per le masse, determinando, mediante simboli, il significato che hanno i bisogni, le speranze, le preoccupazioni umane. Le forme di partecipazione alla politica sono, perciò, simboliche.
Simbolo è, in generale, un oggetto ideale che concentra su di sé in modo ricorrente alcuni significativi sostitutivi. La differenza tra un semplice pezzo di stoffa ed una bandiera non sta nell'oggetto in sé, ma nell'insieme dei significati che una bandiera evoca. Tutti gli italiani riconoscono in un tricolore che sventola il segno della propria identità nazionale. L'identità della patria, l'attaccamento ad essa, il bianco delle nevi alpine ed appenniniche, il verde dei prati e dei campi, il rosso di coloro che hanno dato il sangue per difenderla: tutto ciò è condensato nella nostra bandiera. Il trasferimento di significati in un oggetto lo trasforma in un simbolo, quando questi significati sono molteplici e vitali e quando tutti hanno acquisito la capacità di riconoscerli.
Non tutti i simboli hanno significati politici: ad esempio, l'acqua è simbolo di vita, di pulizia, di grazia divina, di innocenza. Ma tutta la politica è abitata da simboli. Chi riuscirebbe a pensare al nazismo senza vedere la svastica, che pure in altre culture antiche aveva un ben diverso significato? Oppure, chi potrebbe pensare al comunismo senza vedere una falce ed un martello?
C'è stata una forte diffidenza nello studio dei simboli politici, quasi che così facendo si lasciasse spazio alla irrazionalità e si mettesse in secondo piano la logica realistica che sta dietro le vicende politiche storiche. Ma la comprensione dei simboli e della loro funzione è tutt'uno con il tentativo di capire il senso dei comportamenti umani che è più complesso di ogni schematismo ideologico e dottrinario.
Gli studiosi distinguono fra simboli meramente referenziali e simboli di condensazione. I primi sono modi convenienti per riferirsi ad elementi oggettivi insiti nelle cose stesse. Ad esempio, le statistiche sugli infortuni del lavoro sono dei veri e propri simboli politici. Quelli di condensazione concentrano su di sé una molteplicità di significati emotivi. Ogni atto politico è destinato almeno in parte a servire come simbolo di condensazione: i governi devono, più degli altri, dotarsi di apparati simbolici estesi e rassicuranti: adunate di massa, conferenze, sfilate, autocritiche pubbliche. Ma anche nelle democrazie la vita simbolica è ricca di rappresentazioni gratificanti.
È chiaro che per i politici di professione la politica è fatta di atti concreti; ma per la stragrande maggioranza delle persone la vita è una parata di simboli astratti (Edelmann). I simboli politici esprimono così, in forma concentrata, quei particolari significati e sentimenti che i membri di un gruppo creano ed avvalorano con i loro comportamenti. Istituzioni quali le elezioni, i processi, i dibattiti legislativi e persino la lettura dei giornali, rafforzano nei cittadini la convinzione di essere parte attiva nella gestione del potere politico democratico. Per tutti coloro che si pongono come spettatori della scena politica ogni atto politico contribuisce a formare un modello di eventi continui che evoca minacce e rassicurazione.
L'antropologia ci ha insegnato che le forme principali in cui si esprime il simbolico sono due: il rito ed il mito. Il rituale è una attività che coinvolge simbolicamente i partecipanti ad una impresa comune; produce conformismo ma anche soddisfazione e gioia di non essere soli. Nel rito la realtà viene semplificata, i fatti vengono adattati e la convinzione di adeguarsi ad un ordine dato genera sicurezza. Basti pensare a riti quali le cerimonie patriottiche o le campagne elettorali. Anche i miti svolgono una funzione analoga perché si configurano come credenze, come narrazioni che non vengono mai messe in discussione. Essi servono a giustificare lo stato di fatto, compresa la miseria o la disuguaglianza.
Benché la maggior parte della gente sia convinta che le decisioni politiche sono in prevalenza frutto di calcolo razionale, non è difficile constatare che invece è sempre al lavoro una forte carica irrazionale. Perciò, la funzione delle istituzioni politiche è sempre fortemente simbolica ed espressiva; e l'interrelazione politica tra élite e masse avviene sempre mediante il ricorso a miti e riti.
Attraverso i simboli noi ci misuriamo con il caos dell'esperienza e creiamo una forma di ordine. In questo senso persino le forme più alte del pensiero filosofico, come il noumeno di Kant o l'essere di Heidegger, non sono altro che simboli. In campo politico il simbolismo tende a definire in modo visibile chi sono i potenti (gli scettri dei re ed i loro troni), ma anche chi e come deve ubbidire (l'essere in-basso verso il trono). La fedeltà popolare rispetto ai simboli diventa totale a tal punto che per le masse essi non sono più dei semplici segni ma sono solo cose vere. La reificazione dei simboli costituisce l'oggettivazione del potere e delle sue regole. Sulla scena politica tutti agiscono secondo un senso oggettivamente determinato, e così i simboli diventano decisivi persino per determinare il senso che l'individuo dà a sé stesso ed alla propria azione.
Affidarsi emotivamente ad un simbolo comporta uno stato di soddisfazione e di quiete di fronte a problemi che diversamente susciterebbero solo preoccupazione. Lo sottolineava Adorno, affermando che il ricorso a stereotipi e ad altre fughe dalla realtà serve ad alleviare il senso di ansia e di incertezza. La simbolizzazione politica esercita insomma una funzione magica di catarsi. Naturalmente gli oggetti simbolici acquistano senso solo nel contesto delle relazioni sociali tra le quali si sviluppa la simbolizzazione.
Quasi sempre il contesto nel quale si compiono gli atti politici presenta uno scenario non dissimile de quello di una cerimonia religiosa o di una rappresentazione teatrale. Un'aula di tribunale, la stazione di polizia, l'aula parlamentare, lo studio del presidente, sono pensati e costruiti in modo da evidenziare una distanza dalla routine della vita quotidiana e dunque una realtà eccezionale o eroica. Non sempre si è davanti ad un'opera d'arte ma gli effetti psicologici e simbolici sono analoghi. Forse la qualità più evidente espressa dagli scenari politici è il carattere emotivo degli atti che racchiudono. Si consideri, ad esempio, il fenomeno della leadership politica: quasi mai la massa segue un leader per motivazioni razionali, ma perché esso è capace di suscitare intense risposte emotive. La capacità di un leader di rimanere in carica per molto tempo non dipende tanto dal conseguimento di specifici obiettivi politici ma dalla risposta emotiva ch'egli sa suscitare, anche grazie alla carica pubblica che occupa. In un mondo in cui dominano insoddisfazione e impotenza ad agire in modo efficace rispetto agli obiettivi, più che agli sforzi personali ci si affida a simboli astratti e rassicuranti...e nessun simbolo è più rassicurante di quello del leader. In genere l'uomo politico che fa mostra della propria competenza raccoglie spesso un consenso entusiastico.
Una trama di simboli si mostra e si sviluppa nei riti. Alla base dei riti c'è la tendenza umana a trovare sicurezza in comportamenti standardizzati e ripetitivi. Non sfuggì a Freud il fatto che alla base dei riti ci sia la stessa tendenza ripetitiva che opera nelle nevrosi ossessive: entrambe appartengono alla psicopatologia della vita quotidiana. Non c'è differenza tra riti politici e riti religiosi, perché in tutti opera la stessa esigenza di influenzare i comportamenti in modo rassicurante, vincendo la separatezza e l'estraneità tra la sfera quotidiana ed il sacro. Così, insomma, il ruolo dei riti è quello di esercitare una funzione correttiva, di assicurare una continuità mediante la conservazione e la ripetitività.
Mediante i riti vengono veicolati i miti politici e favorita la loro diffusione. Essi sono ben più efficaci di qualunque attività didattica e pedagogica nel diffondere valori e speranze, nel creare attese e sicurezze. La loro capacità di propaganda sta nella febbre che trasmettono, nella carica emotiva che eccitano. Si pensi solo alla retorica rivoluzionaria delle manifestazioni. Persino un filosofo come Tony Negri in tempi non lontani (1977) sosteneva che il fascino rivoluzionario scatenato dal viso coperto da un passamontagna era ben più efficace di qualunque teoria politica.
Tra i tanti tipi di rituale che caratterizzano l'azione politica possiamo distinguere quelli:
a) di appartenenza: l'iscrizione avviene mediante tessera, le manifestazioni sono introdotte e concluse da inni, addobbate da ritratti, da bandiere, l'ingresso nell'organizzazione spesso è accompagnato da giuramento;
b) di organizzazione: omaggi al leader, calendari, musiche, mausolei, visite pastorali, riunioni ufficiali e adunate, collegamento locale-centrale, catene umane, varie forme di spettacolarizzazione televisiva;
c) di comunicazione: comunicare l'autorità (sedia gestatoria, macchine antiproiettile, ecc...); arco di trionfo, cortei, incoronazioni, posti a sedere riservati, sfilate e parate, marce della pace.
Simboli e riti trovano efficaci sintesi operative nel concetto di mito. Tradizionalmente si era abituati a vedere nel mito una forma espressiva tipica dei primitivi, legata al potere immaginifico della fantasia e priva di ogni capacità razionale. L'uomo moderno, giunto alla pienezza razionale, guarda il mito con il sorriso dell'adulto che è fornito di strumenti analitici più efficaci ed elevati. Inoltre il mito, oltreché primitivo, viene spesso visto come attinente esclusivamente alla sfera religiosa piuttosto che a quella politica.
Ed invece è chiaro che la capacità di produrre miti e di muoversi al loro interno è ben viva anche nel mondo di oggi e che vi è piena contiguità tra il mito in generale e quello politico. La fortuna dell'espressione mito politico è legata a Jean Sorel che definisce come mito quello che gli pare il massimo strumento di lotta della classe operaia, lo sciopero generale proletario. Lo sciopero generale non agisce come un atto intellettivo, ma induce alla intuizione immediata e globale di una verità legata alle tendenze ed aspirazioni profonde dei lavoratori. Così diventa guida nel sorreggere l'azione politica di massa.
L'idea soreliana non trovò sviluppi fecondi in campo scientifico, venne respinta dalle culture positiviste e da quelle socialiste e si legò piuttosto a movimenti politici di destra. A. Rosemberg, teorico ufficiale della Germania hitleriana assunse il termine mito come molla della storia e ritenne che il mito del sangue, sotto il segno della svastica, avrebbe scatenata la rivoluzione mondiale della razza ariana, l'unica razza pura capace di produrre kultur, dopo secoli di civilizzazione operata da razze inferiori.
L'uso nazista del mito politico provocò una dura reazione contro l'idea di mito politico in quanto tale. Il pensiero illuminista (E. Cassirer) cerca di interpretare il senso razionale del mito e lo sospinge nella dimensione del primitivo. Il pensiero marxista (G. Lukacs) vede nell'irrazionalismo dei miti un modo in cui il sistema capitalistico cerca di sopravvivere tra le sue contraddizioni strutturali.
Solo negli ultimi decenni del XX secolo, per merito della ricerca sociologica e storica, si è ricominciato a guardare al mito politico più come ad una realtà da analizzare che ad un pericolo da esorcizzare. Ogni atto politico va esaminato sia a livello delle dinamiche oggettive del potere, ma anche nel significato che esso assume come strumento che spera nel profondo degli animi, scatena emozioni represse e rimosse, suscita speranze e legittima le utopie.
Il mito politico è un racconto strutturato simbolicamente, i cui nessi non sono dati dall'ordine logico ma dalla forza delle emozioni. I miti nascono e si sviluppano nei momenti di crisi, quando cioè la società attraversa una fase acuta di trasformazione ed i vecchi racconti non sono più in grado di svolgere le funzioni precedenti. Così, oggi che la divisione del mondo in due blocchi ideologici contrapposti è finita, e che le minacce alla sicurezza hanno altri caratteri e provenienza, già si riescono ad intravedere nuove mitologie in azione.
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