Premio internazionale alla Libertà
V edizione
Cinema e Libertà
“A ripensarci oggi, mi sembra che La via lattea, Il fascino
discreto della borghesia e Il fantasma della libertà, che sono nati
da tre soggetti originali, formino una specie di trilogia, o meglio
di trittico, come nel Medioevo. Nei tre film si ritrovano gli stessi
temi, a volte anche le stesse frasi. Parlano tutti e tre della
ricerca della verità, che bisogna fuggire appena si crede di averla
trovata, dell'implacabile rituale sociale. Parlano tutti e tre della
ricerca indispensabile, del caso, della morale personale, del
mistero che bisogna rispettare […].
Il caso è il grande arbitro del mondo. La necessità viene dopo. Non
ha la stessa purezza. Se fra tutti i miei film quello che amo di più
è Il fantasma della libertà, forse è proprio perché affrontava
questo tema intrattabile […]. Naturalmente, se la nostra nascita è
totalmente casuale, dovuta all'incontro fortuito fra un ovulo e uno
spermatozoo (e allora perché questo e non quello, fra tanti
milioni?), la funzione del caso svanisce quando si edificano le
società umane, quando il feto, e poi il bambino, vengono sottoposti
a quelle leggi. E succede lo stesso in tutte le specie. Le leggi, le
consuetudini, le condizioni storiche e sociali di una data
evoluzione, di un dato progresso, tutto quello che ha la pretesa di
contribuire all'instaurazione, allo sviluppo, alla stabilità di una
civiltà cui apparteniamo bene o male per nascita, tutto questo si
presenta come una lotta quotidiana e tenace contro il caso […].
Credo però che in queste leggi necessarie, che ci permettono di
vivere insieme, bisogna guardarsi dal vedere una necessità
fondamentale, primordiale. In realtà mi sembra che non fosse
necessario che questo mondo esistesse, né che ci trovassimo qui a
vivere e a morire. Dato che siamo solo figli del caso, la Terra e
l'Universo avrebbero potuto continuare senza di noi, fino alla
consumazione dei secoli […]. Forse, altri mondi chiusi alla nostra
conoscenza continuano così la loro inconcepibile corsa. Amore per il
caos, che a volte sentiamo profondo dentro di noi.”
Luis Buñuel, Dei miei sospiri estremi, tr. it. SE, Milano 1991, pp.
183-184, 260.
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