LIBERALIZZAZIONI.
CRISI DI UN MODELLO IN UN PAESE IN CRISI
11° Rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana
GESTIONE DEL TERRITORIO
LA LINEA TORINO-LIONE NON RIENTRA TRA LE
INFRASTRUTTURE UTILI ED URGENTI
Marco Ponti Professore di Economia
Applicata, Politecnico di Milano Il saggio si
è avvalso di spunti tratti da diversi articoli
apparsi sulla Voce.info, il principale dei quali
redatto insieme all’ing. Andrea Debernardi. Il
progetto originale della nuova linea Torino- Lione
prevedeva 23 miliardi circa di costo totale,
caratteristiche di alta velocità, e ritorni
finanziari trascurabili, e comunque mai esplicitati
(e quest’ultimo punto la dice lunga sull’attenzione
dei promotori del progetto per la crisi del bilancio
pubblico in cui ci troviamo, cui l’intero progetto
AV ha dato un solido contributo, stimabile in una
quarantina di miliardi, e secondo alcuni molto di
più).
Il progetto faceva parte del “Corridoio V” europeo
Lisbona- Kiev, che pure non specificava gli standard
tecnici delle linee ferroviarie coinvolte. Ma il
ministero scelse ovviamente da subito la soluzione
di gran lunga più costosa. I corridoi europei erano
a loro volta all’inizio una decina, poi ogni nazione
ed ogni territorio chiese il proprio, e poiché fare
dichiarazioni politiche costa poco, i corridoi
divennero nel tempo una trentina, con in più, con
apposita leggina, anche tutte le linee ferroviarie o
le strade minori “afferenti”. Non c’era più una
infrastruttura, esistente o potenziale, esclusa. I
tecnici della Commissione Europea erano ovviamente
inorriditi, ma la Commissione notoriamente dipende
da scelte politiche.
In questo modo qualsiasi nazione per qualsiasi
progetto poteva nascondersi dietro una decisione
europea. Una specie di “Dio lo vuole!” di una
moderna crociata, costosissima per i contribuenti.
Le popolazioni della Valsusa, interessate dalla
megaopera, iniziarono a protestare, segnalandone la
scarsa utilità, e l’esistenza su quella relazione di
una linea ferroviaria non solo sottoutilizzata, ma
anche recentemente modernizzata con costi rilevanti
in assoluto (ma non certo in relazione a quelli del
nuovo progetto, che ovviamente generavano interessi
in proporzione molto più rilevanti, anche se certo
in sé non illeciti).
Fu costituito un osservatorio del progetto,
presieduto dall’arch. Virano, di gradimento
“bipartisan”, per mediare con gli interessi locali.
Intanto, nessuna analisi costi-benefici o anche solo
finanziaria, veniva prodotta per giustificare il
progetto. Solo disegni di tracciato e progetti di
(larga) massima.
Ma delle previsioni di traffico furono fatte, e
incominciarono i dispiaceri. Le previsioni ufficiali
presentate (cioè “di parte”) parlavano di meno di
una ventina di treni passeggeri al giorno a regime,
su una capacità totale della nuova linea dell’ordine
dei 250-300 treni.
Che fare? Si cambiò molto rapidamente l’obiettivo
del progetto: sarebbe stato un progetto
essenzialmente per i treni merci, le cui previsioni
di crescita erano molto più manipolabili, grazie
anche alle possibili politiche ambientali nell’arco
alpino, e all’atteggiamento europeo in favore del
“cambio modale”. [...] |
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