LIBERALIZZAZIONI.
CRISI DI UN MODELLO IN UN PAESE IN CRISI
11° Rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana
L’ANNO DELLE “PRIVATIZZAZIONI PARLATE”
Giuseppe Pennisi Docenti di Politica
economica internazionale, Università Europea di Roma
Premessa
In 12 anni dall’inizio di questa seria, è la
prima volta che il narratore del percorso delle
privatizzazioni in Italia – un sentiero mai facile e
spesso irto - si trova in imbarazzo. Se dovesse
presentare una cronaca ragionata (come nei volumi
precedenti) non avrebbe che poco o nulla da
raccontare.
Mentre organi d’informazione come Privatization
Watch ci informano che in tutto il mondo, pure in
Africa sub-sahariana, continua il processo di
liberalizzazione e di privatizzazione dell’economia
e della società e monografie analizzano quanto fatto
in altri Paesi ed altri continenti, in Italia ci
sono state quasi esclusivamente “privatizzazioni
parlate”, ossia privatizzazioni di cui si è discusso
(spesso solamente chiacchierato o meglio ancora
cincischiato) ma senza dare alcun seguito concreto.
Non è stata neanche pubblicata la Relazione annuale
sulle privatizzazioni del Ministero dell’economia e
delle finanze (Mef) al Parlamento, un atto
amministrativo dovuto; l’ultima risale al settembre
2011 ed è stata illustrata e commentata
nell’edizione 2012 di questo annuario. Occorre dire
che il Parlamento non se ne è preoccupato più di
tanto: non si registra una sola interrogazione in
materia.
Secondo informazioni di stampa, nell’anno e mezzo in
cui l’Italia ha avuto un Governo “tecnico”, che pur
ha proposto un programma di dismissione graduale del
patrimonio immobiliare pubblico, una sola
privatizzazione è stata “decretata”: quella
dell’Unione nazionale degli ufficiali in congedo
d’Italia (Unici) con 35.000 iscritti ed una manciata
di dipendenti (che si occupano principalmente di
attività turistiche e sportive dei soci del
sodalizio). Tuttavia, il pertinente decreto non è
stato convertito in legge in quanto giunto in
Parlamento il 21 gennaio, a Camere ormai sciolte.
Sempre secondo la stampa, ci sarebbero stati ritardi
perché non sarebbe stato facile collocare nelle
pubbliche amministrazioni tre della quindicina dei
dipendenti del- l’ente, ed avere, quindi, l’assenso
dei sindacati. Quindi, si è aggiunta anche la beffa
e la “privatizzata” Unici è rimasta tale e quale
come era prima della denazionalizzazione; basta
consultarne il sito per essere edotti sulle sue
attività, principalmente ludiche. [...]
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