LIBERALIZZAZIONI.
CRISI DI UN MODELLO IN UN PAESE IN CRISI
11° Rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana
LA DIFESA DELLA RENDITA IL DECLINO DI UNA REPUBBLICA
FONDATA SULLA CORRUZIONE
Alberto Vannucci Professore di
Analisi delle Politiche Pubbliche, Università di
Pisa 1. Liberalizzazioni in cerca d’autore
Le politiche di liberalizzazione aprono alla
concorrenza settori di attività economica pubblica e
privata, riducendo o eliminando posizioni di rendita
e favorendo così un processo “virtuoso” di
investimento in conoscenze utili allo sviluppo di
attività produttive. Al contrario, la persistenza di
sacche di rendita parassitaria – assicurata da
processi decisionali opachi e monopolistici –
incoraggia “razionalmente” operatori economici,
funzionari, politici e attori sociali ad acquisire
competenze e abilità che permettono di condizionarne
a proprio vantaggio l’assegnazione o la persistenza.
L’influenza sui decisori, conquistata mettendo a
profitto relazioni e contatti derivanti da legami
familiari, partitici, massonici o lobbistici, ovvero
acquistata “in contanti” tramite tangenti, diventa
così la principale “chiave di ascesa” per il
successo in questa opaca e talora illegale attività
di “ricerca della rendita”. Si tratta però di un
gioco a somma negativa, fondato sulla mera
redistribuzione delle risorse e non sulla creazione
di ricchezza, che col tempo distorce gli incentivi
alle attività economiche e impoverisce la società,
condannandola al declino.
Nel corso del 2012 le (im)possibili liberalizzazioni
si sono affacciate nell’agenda dell’esecutivo Monti,
sorretto per oltre un anno da una “maggioranza di
grandi intese”, come possibile strumento per
costruire a costo zero sui bilanci pubblici un
ambiente isti tuzionale e regole del gioco più
propizie alla valorizzazione dei talenti e alla
creazione di opportunità di crescita duratura. La
“speranza delle liberalizzazioni” si è però infranta
ancora una volta contro lo scoglio di insormontabili
opposizioni corporative, subendo dapprima ritardi e
attenuazioni, per poi giungere attraverso vari
depotenziamenti a pochi provvedimenti di impatto
limitato nei settori dei servizi pubblici locali,
dei trasporti, dei servizi, del credito e delle
assicurazioni. La straordinaria finestra di
opportunità creatasi nei primi mesi del 2012 a
seguito della drammatica crisi finanziaria e dalla
sostanziale abdicazione della classe politica è
andata in buona misura sprecata. Nell’agenda
pubblica di questa convulsa fase politica
post-elezioni del 2013 è già passato in secondo
piano il possibile rilancio delle politiche
necessarie a promuovere concorrenza,
liberalizzazioni, deregolazione, semplificazioni.
In questo contributo sono analizzati alcuni fattori
istituzionali che incidono in profondità sulle
difficoltà di ridurre o cancellare, attraverso le
liberalizzazioni, le posizioni di rendita create e
alimentate dall’inefficienza dei processi
decisionali pubblici e dalle distorsioni dei
mercati. Nel secondo paragrafo, attraverso una
comparazione del caso italiano con gli altri paesi
dell’Oecd, sono presentati gli indici 2013 di
densità, vischiosità e costo procedurale; nel terzo
paragrafo sono analizzati alcuni indicatori del peso
relativo dei processi di innovazione creativa e di
innovazione parassitari; nel quarto paragrafo il
modello teorico viene presentato alla luce di alcune
correlazioni osservabili tra i livelli di corruzione
– attività di “ricerca della rendita” per eccellenza
– e altri indicatori del peso relativo dei processi
sociali capaci di incoraggiare lo sviluppo di
abilità imprenditoriali ovvero parassitarie. Seguono
infine alcune considerazioni sugli interessi
politici ed economici favorevoli alla difesa della
rendita, che hanno plasmato e depotenziato una tra
le riforme del governo Monti, la legge
anticorruzione 190/2012.
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