8^ RAPPORTO
SUL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ
ITALIANA
La scuola: una liberalizzazione dai passi lenti,
ma irreversibili
di Stefania Fuscagni
* Professore ordinario di Storia Antica, Università
di Firenze Lo stato dell’arte
Colloco questo ottavo rapporto in sequenza logica -
e politica - rispetto ai due precedenti.
Nel sesto rapporto scrissi che la scuola italiana
era “triste”. Tristi i docenti, tristi gli studenti,
estraniati i genitori, assenti le relazioni tra la
scuola e il mondo esterno. Una tristezza che oserei
definire esistenziale perché connessa a patologie
antiche (statalismo, mancanza di merito, assenza di
valutazione), gemmata da insuccessi strutturali come
le 24 riforme organiche tentate e mai compiute o da
sperimentazioni stratificate che hanno portato ad
avere oltre 860 indirizzi di maturità, il tutto
gravato da una non evidente ma quasi totale
inconsapevolezza che la scuola italiana fosse al
capolinea. Un capolinea peraltro oggettivo tanto
che, in quegli anni, centro-destra e centro-sinistra
– nelle loro espressioni più oneste e avanzate -
cominciavano a rilevare gli stessi elementi di
debolezza e cercavano possibili cambiamenti di
rotta. Per tutti si pensi alle iniziative di Luigi
Berlinguer relative alla cosiddetta
‘razionalizzazione’ della rete scolastica (oggi si
direbbe “i tagli”) e alla definizione di scuola
pubblica statale e non statale (rispetto alla
precedente polarità scuola statale / scuola
privata). Un quadro che fu ancora più chiaro l’anno
successivo. Così chiaro che io aprii il settimo
rapporto scrivendo in questo modo: “Il sistema
scolastico italiano, oggi, appare un pachiderma
sensibile a “ciò che è nell’aria” perché è
costituito da blocchi tetragoni e apparentemente non
scalfibili o almeno fino ad ora non scalfiti;
sensibile alle correnti che penetrano nelle
fenditure tra blocco e blocco, ma complessivamente
sclerotico a causa della quasi totale assenza di
valutazione di persone (studenti e insegnanti) e
strutture (istituti scolastici)”.
La domanda è: in questi due anni cosa è cambiato? La
scuola ha aperto le porte a un certo qual “vento
liberale”? A una prima analisi verrebbe da dire di
no.
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