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8^ RAPPORTO
SUL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA

UN PERCORSO TORTUOSO

Vincenzo Olita *

* Direttore Società Libera

Accingendomi a stendere la presentazione di questo ottavo Rapporto, ho avvertito la curiosità di rileggere le precedenti introduzioni in ordine cronologico, ricavandone una duplice sensazione:
la validità di questo strumento di analisi e previsione
il deserto culturale-politico in cui per anni lo abbiamo calato, convinti di poter spronare la dirigenza del Paese affinché operasse per l’affermazione di una società più libera e aperta.
“ Oggi, ci sembra di poter affermare che, specialmente in Europa, il liberalismo abbia subito non pochi negativi contraccolpi sul terreno culturale…si comprenda che l’Occidente ha bisogno sempre più di politiche intese come disegno prospettico e sempre meno di quotidianità politica” (Novembre 2001).
“ Le crescenti difficoltà dei modelli economici occidentali impongono di focalizzare l’attenzione sugli effetti della globalizzazione rispetto alle sovranità nazionali e sul ripensamento delle regole che consentono un’autoregolamentazione etica del mercato” (Novembre 2002).
“ L’innegabile declino competitivo del Paese si accompagna alle perplessità sul sistema giudiziario, così come il moltiplicarsi dei livelli di governo…non agevola…” (Gennaio 2006).
“ Sul versante della competività…si alternano le coalizioni governative, si susseguono i ministri ma…immobilità peso e costo della burocrazia sono il migliore indicatore di quanto sia costante l’inefficienza dell’azione politica rispetto alla modernizzazione” (Maggio 2007).
“ Occorre una cornice politica-istituzionale in grado di emettere chiari ed efficaci segnali di cambiamento” (Maggio 2008).
Soddisfazione, delusione e non poca amarezza per affermazioni archiviate, ma quanto mai attuali e funzionali anche a questa introduzione.
Il quadro che emerge, infatti , è ancora quello di un’Italia come sistema chiuso in cui, ad esempio, non trova spazio il merito, ma trovano buona cittadinanza sfiducia nelle istituzioni, immobilismo e una persistente e diffusa illegalità. Su questo aspetto il Rapporto innovativamente evidenzia che all’insicurezza, legata al fenomeno immigratorio, si affianca l’illegalità verso gli immigrati e quella all’interno di molte loro comunità. Come dire, su una criticità abbiamo saputo innescare ancora due problemi.
Del resto, le riflessioni espresse sul trasporto collettivo locale, sui conflitti di ruolo insorti a seguito dell’ingresso delle Regioni nel settore autostradale, sulla confusa e burocratica amministrazione del territorio stanno ad indicare che nel Paese si è affievolita molto la spinta verso un sostanziale processo di liberalizzazione.
A fronte di primi timidi passi verso la privatizzazione di alcuni servizi pubblici locali, complice la crisi economica finanziaria internazionale, presa a pretesto da trasversali circoli politici ed ambienti culturali per una riproposizione di modelli statalisti, si è arenato, fino a scomparire, il dibattito sulla privatizzazione di Eni, Poste, Enel, Finmeccanica e Rai.
Certo, oggi si impone una riflessione sulle criticità e le prospettive del sistema economico muovendo però dal presupposto che la crisi attraversata è frutto degli eccessi di alcune pratiche del capitalismo, da cui la politica in quanto tale non può ritenersi estranea; riteniamo che essa non possa essere addebitata al liberalismo, che proprio nella responsabilità individuale e nel suo fondamento etico trova la sua peculiare connotazione.
La crisi non è il frutto di un fallimento dell’economia di mercato bensì di pratiche e politiche sconsiderate condotte in assenza di regole certe, controlli costanti e valori condivisi.
Una riflessione tanto più necessaria, considerato che l’insegnamento non sembra essere stato compreso a fondo, dato che si indicano, come soluzioni e rimedi, massicci interventi pubblici e pratiche protezionistiche da qualcuno interpretati come propedeutici al ritorno dello Stato nella gestione del processo economico.
Si tralascia di intervenire sulle responsabilità, ad esempio, delle Autorità di regolazione, sugli spregiudicati meccanismi di ingegneria finanziaria e sui sistemi di governance che, come il Rapporto evidenzia, considerano ancora i Codici Etici delle imprese un puro atto di conformità.
E’ evidente che un trasparente percorso di liberalizzazione non può prescindere da un consapevole e responsabile ruolo dell’informazione. Purtroppo il Rapporto, così come molti indicatori internazionali, considera ancora questo comparto succube di palesi conflitti di interesse, di conformismo e privo di un sostanziale pluralismo.

 

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