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VII RAPPORTO
SUL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE
DELLA SOCIETÀ ITALIANA

La sfida mancata dell’economia della conoscenza.
L’impossibile liberalizzazione del sistema politico italiano

di Raimondo Cubeddu* e Alberto Vannucci**
* Professore ordinario di Filosofia Politica, Università di Pisa.
** Docente analisi delle Politiche Pubbliche, Università di Pisa.

Introduzione

Il sistema politico italiano non è apparso fino ad oggi in grado di cogliere le sfide poste dalla strategia di Lisbona, che nel 2000 ha impegnato i paesi dell’Ue ad investire nell’economia della conoscenza.
L’impiego di concetti come società dell’informazione, competitività, crescita sostenibile, apertura concorrenziale dei mercati – che sono i dichiarati capisaldi della politica europea e sui quali, a tutti i livelli, si è molto insistito fino all’autunnale crisi dei mercati finanziari e dell’economia reale – non ha avuto significativi riscontri nel dibattito pubblico e nell’agenda istituzionale.
Nel vocabolario della classe politica questi termini sono entrati saltuariamente, evocati perlopiù in forme rituali e prive di reali implicazione nella fase di formulazione delle politiche pubbliche, come “etichette” posticce da applicare a provvedimenti incoerenti e frammentari, privi di qualsiasi valenza strategica di più ampio respiro.
Il passaggio di consegne tra due governi di diverso orientamento politico, nella primavera del 2008, non ha ancora segnato alcuna discontinuità su questo versante.
Gli indicatori utilizzati in questo lavoro mostrano come in Italia l’ambiente istituzionale incoraggi – in misura relativamente più estesa rispetto agli altri paesi dell’Unione europea – attività predatorie e parassitarie, che mirano a conservare o conseguire posizioni di rendita attraverso contatti, relazioni e scambi di tipo personalistico; e viceversa siano relativamente più deboli gli incentivi ad investire in attività produttive creatrici di nuova ricchezza e surplus sociale.

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Introduzione
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Una prospettiva italiana
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