VII RAPPORTO
SUL PROCESSO DI LIBERALIZZAZIONE
DELLA SOCIETÀ ITALIANA
Stato-mercato o Statalismo-mercatismo?
Una prospettiva italiana
di Fiorella Kostoris
Professore ordinario di Economia, Università La Sapienza di Roma.
Introduzione
Questo lavoro intende rispondere a due domande fra loro interrelate.
La prima potrebbe essere espressa così: perché, mentre fino a pochi mesi
fa esperti e politici del nostro Paese facevano a gara per tessere
l’elogio del mercato, oggi – del resto non solo in Italia – si invoca
incessantemente e da ogni parte l’intervento pubblico? Basti in
proposito pensare che ancora nel settembre 2007, quando i due noti
economisti liberal Alesina e Giavazzi (2007) pubblicavano il volume dal
significativo titolo “Il liberismo è di sinistra”, speravano così di
influenzare il Governo Prodi in carica; ad essi rispondevano altrettanto
brillanti economisti, più orientati verso la sponda politica opposta,
quali Michele Boldrin (2007), rivendicando che “il liberismo è meno di
sinistra che di destra”; ed in posizione equidistante si poneva
Panebianco (2008), sostenendo che “il liberalismo economico non [si]
lascia facilmente assorbire nella tradizionale classificazione
destra/sinistra”.
A un anno di distanza, gli stessi Alesina e Giavazzi (2008), senza
cambiare la loro prospettiva, la declinano però in altro modo e si sa
che “c’est le ton qui fait la musique”: di fatti essi affermano (pp.
20-21) che “la centralità del mercato non significa che lo Stato non
debba giocare alcun ruolo… È dovere dello Stato evitare che una crisi
finanziaria si trasformi in una profonda recessione”.
Oggi, dai banchieri ai sindacati, dal Presidente francese, il gollista
Sarkozy, al Premier britannico, il laburista Gordon Brown, dagli
intellettuali colombe ai falchi, tutti sembrano convinti che dalla
difficile congiuntura non si esca senza una potente azione pubblica.
E rare sono le voci che si levano, paventando “i rischi e i costi del
ritorno statalista” (Carrubba, 2008). |
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