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VI Rapporto sul Processo di Liberalizzazione della Società Italiana

Il miraggio delle liberalizzazioni.
Innovazione parassitaria e declino economico

di Raimondo Cubeddu*, Alberto Vannucci**

* Professore ordinario di Filosofia Politica, Università di Pisa.
** Docente analisi delle Politiche Pubbliche, Università di Pisa.

Introduzione

La casta è un termine entrato di prepotenza nel dibattito pubblico in Italia nel corso del 2007.
Il successo dell’omonimo libro di Rizzo e Stella (2007) ha confermato l’ampiezza dello scollamento tra sistema politico e società civile.
Tuttavia, nonostante i molti segnali di una montante insofferenza civile, il bilancio riformatore dell’ultimo anno appare estremamente insoddisfacente.
Ancora una volta la classe politica si è dimostrata incapace di riformare se stessa e di incidere sul tessuto economico e sociale, andando incontro allo sdegno che ha accompagnato la denuncia degli innumerevoli privilegi e rendite delle molteplici ‘caste’, quella politica accanto a quella economica, professionale, finanziaria, imprenditoriale, sindacale.
Un sistema politico-istituzionale ingessato, paralizzato da veti incrociati e dal ‘vizio originario’ di una permanente instabilità, non è stato fino ad oggi in grado di raccogliere le sfide della strategia di Lisbona, posta nel 2000 dai capi di governo dell’Unione Europea.
L’economia della conoscenza, la società dell’informazione, la competitività, la crescita sostenibile, l’apertura concorrenziale dei mercati sono state interpretate in Italia come etichette dotate di una blanda valenza evocativa, da applicare di volta in volta a provvedimenti incoerenti, frammentari e discontinui, privi di qualsiasi valenza strategica in un orizzonte temporale di lungo periodo.
I venti mesi di governo Prodi, nonostante i ‘pacchetti’del volenteroso ministro dell’industria Bersani, non sono valsi a segnare una sostanziale discontinuità rispetto alla stagnazione del precedente quinquennio di governo del centrodestra.
Come si mostrerà in questo lavoro, tuttora l’ambiente istituzionale italiano – esaminato in prospettiva comparata rispetto agli altri paesi dell’Oecd – tende a scoraggiare l’avvio di attività innovative e imprenditoriali in un contesto concorrenziale di mercato, e viceversa incentiva attività parassitarie e ‘predatorie’ che mirano, attraverso contatti e relazioni personali, a conservare o conseguire posizioni di rendita.
Nel secondo paragrafo viene sintetizzato il modello teorico utilizzato nella nostra analisi per studiare l’interazione tra le diverse dimensioniin cui è possibile scomporre la cornice istituzionale e i processi di acquisizione di conoscenze.
Nei due paragrafi successivi sono presentati dati aggiornati relativamente alle variabili prese in esame: la vischiosità procedurale e gli altri indicatori di inefficienza adattiva delle istituzioni; la cattiva allocazione del talento, che indirizza gli sforzi creativi degli agenti politici ed economici verso attività di ricerca di rendite, ovvero verso l’uscita dai rapporti con lo stato, piuttosto che in attività creatrici di ricchezza in un contesto di innovazione imprenditoriale.
Il quinto paragrafo presenta una dimostrazione empirica della validità del modello.
Sono infine presentate alcune osservazioni conclusive, che guardano alle possibili ragioni dello stentato procedere dei tentativi di liberalizzazione e di apertura concorrenziale.

 

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