Teorie e pratiche di liberalizzazione e innovazione nella scuola italiana
Stefania Fuscagni*
1. Premessa
L'impostazione del Rapporto 2006 rispetto al precedente è mutata. Dopo decenni di sperimentazioni parziali in tutti i suoi ordini e gradi, infatti, la scuola italiana risulta sostanzialmente illeggibile - secondo parametri quantitativi di quadro generale - in ciò che effettivamente è e in ciò che fa. Per questo, nella prima parte del rapporto, vengono analizzati due leggi particolarmente significative per valutare gli elementi di liberalizzazione presenti nel sistema scolastico italiano: la Legge n. 53/2003 relativa agli ordinamenti generali del sistema scolastico italiano e la Legge sull'autonomia della scuola n. 59/1997 (e relativo DPR n. 275/1999) che dota le istituzioni scolastiche di personalità giuridica. Ciò, al fine di valutare l'impatto che tali di interventi “legislativi” sulla realtà scolastica con un simile tasso di complessità e di inconoscibilità.
Nella seconda parte - di contro - vengono evidenziati ed analizzati due aspetti settoriali e specifici di attività didattico-organizzative che, in modo non sistematico, hanno attraversato la scuola, offrendo - di fatto - occasioni reali di liberalizzazione indiretta del sistema:
- l'introduzione della certificazione di qualità che viene ad investire l'assetto organizzativo;
- l'utilizzo delle nuove tecnologie quale pratica capace di avviare uno sviluppo professionale del personale della scuola e un conseguente miglioramento dei livelli organizzativi e degli strumenti didattici assolutamente necessari e significativi del livello di liberalizzazione del sistema.
Solo dall'incrocio di queste due prospettive si ritiene possa emergere una realistica valutazione del processo di liberalizzazione raggiunto dal sistema scolastico italiano.
2. Gli elementi di liberalizzazione presenti nella legislazione vigente: l'impatto delle leggi sulla prassi.
1925-2005: ad 80 anni dalla Riforma Gentile, il Governo e il Parlamento hanno varato la prima riforma completa degli ordinamenti della scuola dell'età repubblicana. L'iter, iniziato con la Legge delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale n. 53/2003, si è concluso con la emanazione dei seguenti decreti attuativi:
- Decreto Legislativo 19 Novembre 2004, n. 286: Istituzione del Servizio di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione professionale, nonché riordino dell'omonimo istituto, a norma degli artt. 1 e 3 della Legge n.53/2003.
- Decreto Legislativo 15 Aprile 2005, n. 76: Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a norma dell'art. 2, comma 1, lettera c della Legge n. 53/2005 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2005).
- Decreto Legislativo 15 Aprile 2005, n. 77: Definizione delle norme generali relative all'alternanza scuola-lavoro.
- Decreto Legislativo 17 Ottobre 2005: Definizione delle norme generali in materia di formazione degli insegnanti ai fini dell'accesso all'insegnamento, a norma dell'art.5 della Legge n. 53/2003.
- Decreto Legislativo 17 ottobre 2005: Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della Legge n. 53/2005.
Dopo una volontaria e parziale sperimentazione da parte delle scuole (250 circa), la Riforma del Primo ciclo è formalmente andata a regime e, nonostante resistenze di vario genere alimentate da un forte scontro politico extra ed intra-scolastico, sta entrando nella prassi scolastica grazie soprattutto alle opportunità di aggiornamento online offerte agli insegnanti. La riforma del Secondo ciclo prenderà il via nell'anno scolastico 2007/8. Ferme restando le possibilità offerte agli istituti scolastici dalla Legge sulla autonomia scolastica n. 45/1999, non è dato conoscere gli intendimenti del MIUR circa la possibilità di avviare la sperimentazione - come nel caso del Primo ciclo- a partire dall'anno scolastico 2006/7.
La Riforma rappresenta una novità di assoluto rilievo per motivi diversi: il più rilevante risiede nel fatto che - per la prima volta dopo decenni di sperimentazione, formalizzata e informale in tutti i gradi e ordini di scuola, che ha cambiato in modo rilevantissimo il volto della scuola italiana - viene posta in essere una cornice generale e nazionale all'interno della quale ricondurre il processo di cambiamento determinatosi 'di fatto' nei decenni del dopoguerra.
Rivoluzione o semplice adeguamento agli altri sistemi scolastici europei dove i processi di liberalizzazione hanno visto ripetute evoluzioni e focalizzazioni? La risposta può essere così articolata: che ci fosse bisogno di un riassetto complessivo l' aveva già dimostrato la Legge n. 30/2000 (G.U. 23 febbraio 2000, n. 44) dei Ministri Berlinguer-De Mauro; che fosse necessario un adeguamento ai sistemi europei (alfabetizzazione informatica e linguistica precoce e seconda lingua comunitaria etc.) era una evidenza condivisa; che questo avrebbe comportato una rivoluzione lo si è visto dalle resistenze opposte dall'interno della scuola - caso singolare di convergenza tra corpo insegnante e gruppi politicizzati di studenti - sia rispetto alla Riforma Berlinguer-De Mauro (che pure aveva proceduto con grande cautela secondo un criterio graduale 'a mosaico'!) sia alla Riforma Moratti.
Tale cornice legislativa nazionale, di prospettiva europea, assolutamente opportuna vuoi per gli elementi di quadro che per gli elementi di liberalizzazione che contiene, viene alla luce in una fase di particolare fibrillazione dell'assetto istituzionale italiano. La Riforma Moratti, infatti, si colloca tra l'approvazione della Riforma del Titolo V della Costituzione, entrata in vigore nel novembre 2001 (e precisata dalla sentenza della Corte Costituzionale del 13 gennaio 2004), che sancisce l'autonomia della scuola come valore costituzionale e l'approvazione definitiva della cosiddetta Legge sulla Devoluzione (n.2544-D Atti del Senato) che definitivamente attribuisce alle Regioni la gestione del sistema scolastico. Accanto a questa radicale redistribuzione di poteri e di funzioni tra istituzioni centrali e locali, dove all'istanza ministeriale viene saldamente attribuito il cosiddetto potere di indirizzo e controllo, la Riforma può giovarsi positivamente del momento cruciale di definizione dei provvedimenti promossi dalla UE per la società e l'economia della conoscenza così come configurata nel Consiglio europeo di Lisbona del 2000. Non è un caso che i due decreti più innovativi della Riforma, direttamente incidenti sul tasso di liberalizzazione del sistema scolastico sono l'uno, quello istitutivo del Sistema nazionale di Valutazione, il secondo, quello dedicato all'alternanza scuola-lavoro. Due campi nei quali la tartaruga-Italia è stata doppiata più volte e in vario modo dall'Achille-Europa.
Che la strada sia lunga da percorrere lo dimostra il fatto che la messa in atto del sistema di valutazione delle istituzioni scolastiche - primo ed essenziale passo per l'affermazione di un vero percorso di liberalizzazione capace di coniugare libertà e responsabilità con valutazione e controllo - è, a tutt'oggi, percepita dagli operatori della scuola come un aspetto periferico se non minaccioso, mentre esso rappresenta il vero elemento culturale e strutturale che distingue alla base e negativamente il nostro sistema scolastico rispetto a quelli europei.
[segue]
* Professore ordinario di Storia Antica, Università di Firenze
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