Condividi |

Il sentiero delle privatizzazioni

Giuseppe Pennisi*

1. Premessa

Questo è la terza puntata di una riflessione iniziata, nei volumi di Società Libera sulle liberalizzazioni , in merito al processo di privatizzazioni in corso in Italia. La prima puntata riguardava gli Anni Novanta e copriva in effetti tre legislature (di cui una delle quali è stata molto breve); in essa, si sottolineavano sia il difficile avvio delle privatizzazioni (a ragione, principalmente, delle difficoltà di trovare un'adeguata impalcatura giuridico istituzionale) sia i notevoli successi in termini di esiti finanziari ottenuti da cessioni e da collocamenti (Pennisi, Zecchini, 2001). Tali successi, in gran misura attribuibili alla fase di “esuberanza irrazionale” che ha caratterizzato i mercati finanziari negli Anni Novanta (soprattutto nella seconda metà del decennio , Schiller 2005) , non sono stati , però, accompagnati da risultati paragonabili in materia di liberalizzazioni effettive; sovente i monopoli pubblici sono stati sostituiti da conglomerati privati in posizione dominante in un fase in cui pure le stesse Autorità di regolazione, peraltro di recente istituzione erano in condizioni di non facile decollo. Alla fine del 20simo secolo, il sistema produttivo italiano appariva in gran misura privatizzato ma anche ingessato; questa si è rivelata una determinante della perdita di competitività progressivamente avvertitasi nei primi anni del 21simo secolo (Istituto del Commercio per l'Estero, 2003; Ministero delle Attività Produttive, 2003,Visco, Toniolo 2004) Nella seconda puntata (Pennisi, Zecchini 2002) si è, in sostanza, esaminato il ruolo delle privatizzazioni nel primo anno della legislatura iniziata nel giugno 2001. Da un lato, le privatizzazioni non solo mantenevano centralità nei programmi di governo ed anzi la accentuavano (Ministero dell'Economia e delle Finanze, 2001). 
Da un altro, però, dalla primavera del 2000 i mercati finanziari erano entrati in un periodo di difficoltà che si sarebbe esacerbato dopo l'attentato dell'11 settembre 2001; le Borse segnavano marcate perdite di valorizzazione che rendevano difficili o poco appetibili collocamenti sul mercato. Il quadro generale non incoraggiava neanche le cessioni dirette.
I due lavori ponevano, poi, l'accento su una caratteristica che è rimasta a lungo costante nel processo di privatizzazioni : la mancanza di chiarezza sugli obiettivi e sul loro peso relativo. Questi obiettivi, in parte complementari ed in parte contraddittori, sono: a) le esigenze di “fare cassa” per ridurre il fardello dello stock del debito pubblico, a cui sono destinati i proventi delle privatizzazione; b) la riduzione dell'intervento pubblico per favorire il mercato, c) la necessità di migliorare l'efficienza delle imprese sia private sia di recente privatizzazione sia ancora controllate dalla mano pubblica ; d) la liberalizzazione dell'economia italiana nell'ambito di più vaste riforme di cui le privatizzazioni sono unicamente una delle componenti.
Tale scarsa chiarezza, ove non vera e propria opacità, di obiettivi - occorre sottolineare- non è tipica del processo di privatizzazione in Italia: uno studio recente enfatizza come sia comune ai principali Paesi dell'Unione Europea (Belke, Baugmärtner, Schneider, Setzer, 2005) e come l'obiettivo a) sia prevalso, e prevalga, nel concreto, spesso sugli altri. Pure le classifiche pubblicate periodicamente da parte dell'Ocse, del Fondo Monetario e da istituti privati (quali quelli che curano il sito web www.privatization.org, sempre molto aggiornato ) pongono l'accento sui proventi da privatizzazioni per l'erario e contribuiscono, dunque, a dare l'importanza priorità di questo obiettivo, in termini di “preferenze rivelate” sugli altri - in particolari su quelli attinenti la effettiva liberalizzazione del sistema economica. 
Questa nota è essenzialmente un aggiornamento dei lavori precedenti Tratta il processo di privatizzazione nei primi quattro anni della legislatura iniziata nel maggio 2001. Si basa in larga misura sulle relazioni sulle privatizzazioni (RP) che il Ministero dell'Economia e delle Finanze invia al Parlamento a cadenza annuale (Ministero dell'Economia e delle Finanze, RP, vari anni), nonché sul dibattito innescato a proposito delle operazioni più significative. Nel primo paragrafo, si riassumono le tendenze nei primi quattro anni della legislatura, offrendone un quadro interpretativo; ci si sofferma sulle privatizzazioni di partecipazioni direttamente detenute dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dal Gruppo Iri/Fintecna. Nel secondo paragrafo, si analizzano le caratteristiche salienti di alcune tra le privatizzazioni più significative. Nel terzo, si tracciano le prospettive per il futuro.

2. Le privatizzazioni nei primi quattro anni della XIV legislatura. Orientamenti generali.

Nel 2001, la XIV legislatura è iniziata con un vento da un lato favorevole non solo a proseguire ed intensificare il programma di privatizzazioni ma anche a mettere in atto politiche di liberalizzazione non realizzate nelle tre legislature precedenti; da un altro canto, però, soffiava un controvento finanziario ed economico contrastante le cessioni di imprese pubbliche. Come si è sottolineato nel “Rapporto sulle liberalizzazioni” del 2003, per la prima volta dalla costituzione del Regno d'Italia è risultata vincente alle elezioni politiche una coalizione il cui programma di governo fa perno sulla liberalizzazione dell'economia, e quindi anche sulle privatizzazioni. Ciò avveniva anche in altri importanti Paesi dell'Unione Europea (Ue) sia nel nucleo originario dei 15 sia soprattutto nei dieci nuovi aderenti che uscivano da decenni di “socialismo reale”: maggioranze parlamentari di ispirazioni socialdemocratica sono state sostituite da maggioranze di ispirazione liberale ed anche dove, ad esempio nella Repubblica Federale tedesca, sono state confermate maggioranze socialdemocratiche, i programmi effettivi di queste ultime hanno dato rilievo a riforme “di soppiatto” dello stato sociale, a privatizzazioni ed anche a liberalizzazioni (Pennisi, 2005b). 
Al tempo stesso, però, l'economia europea, è entrata in una fase di rallentamento con tendenza alla stagnazione, che si è accentuata a seguito degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 (Pennisi 2005c); si è, nel contempo, estesa ed approfondita la crisi dei mercati azionari. Ciò ha avuto un effetto immediato: i ricavi di privatizzazione in Europa sono crollati da 650 miliardi di dollari tra il 1990 al 2000, ad appena 38 milioni di dollari nel 2001. Sono rimasti attorno a tale livello nel 2002 e nel 2003 per sfiorare di nuovo i 50 miliardi di dollari nel 20041. Tra privatizzazioni e andamento dei mercati finanziari sussiste un nesso molto forte: da un lato, le privatizzazioni sono un veicolo essenziale per ampliare ed irrobustire la capacità dei mercati finanziari, nonché la capitalizzazione stessa dei mercati azionari; dall'altro lato, uno dei primi effetti dei ribassi generalizzati delle quotazioni è la minore propensione al rischio, e, dunque, la ridotta disponibilità degli operatori ad investire in imprese in via di privatizzazione. Ciò vale specialmente in un contesto di “incertezza regolatoria” in cui non sono chiare importanti implicazioni (in termini di metodi per la selezione del management, vincoli relativi ai livelli occupazionali, strategie di prezzi e tariffe, mercati di sbocco, concorrenza interna ed internazionale). 

[segue]

* Professore di Finanza Pubblica , Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione

archivio rapporti

  

Un deficit di liberalismo

Garanzie e poteri regolatori

Istituzioni e politiche senza innovazione: le radici del declino competitivo italiano

Il sentiero delle privatizzazioni

Il declassamento italiano nel campo dell’indipendenza giudiziale

La questione sicurezza e le sue tre dimensioni

Teorie e pratiche di liberalizzazione e innovazione nella scuola italiana

Amministrazione e gestione del territorio

Libertà d’informazione

 

Per acquistare il libro