La questione sicurezza e le sue tre dimensioni
Ernesto Savona*
1. Premessa
I malesseri che vengono dalle periferie parigine, le bombe terroristiche di Londra, e prima di Madrid, la questione della legalità a Bologna sono legati da un filo che passa attraverso tre concetti: legalità, sicurezza e solidarietà. Si tratta dei tre punti nei quali si articola oggi la “questione sicurezza” in Europa. Da come declineremo questa questione dipenderà la sicurezza nelle diverse città europee. Essa si intreccia strettamente con un'altra questione, quella dell'immigrazione nei suoi due versanti: regolare ed irregolare e dell'integrazione degli immigrati. Infatti,non a caso, gli attacchi suicidi di Londra e le auto bruciate in Francia hanno come autori gli immigrati di seconda e terza generazione.
Cambiano i contesti, cambiano i problemi ai quali abbiamo affidato tradizionalmente l'analisi e l'intervento politico nel settore della sicurezza. La domanda che si pone questo capitolo è se e quanto la strumentazione teorica e concettuale fin qui adoperata è ancora utile a capire e spiegare i problemi e quanto le politiche di sicurezza e gli interventi realizzati finora ed i risultati ottenuti siano adeguati alla domanda di sicurezza delle diverse cittadinanze che oggi popolano l'Europa.
La tesi dell'autore è che il problema della sicurezza internazionale, quella dello Stato o sicurezza pubblica, quello della sicurezza urbana, appartengono alla stessa matrice di problemi: equilibri mondiali, pluralismo religioso, flussi migratori, esclusione/inclusione sociale e che le diverse soluzioni passano per una miscela di politiche e interventi che, articolati sui diversi livelli, internazionale, nazionale, locale si ricompongano a poco a poco in un mosaico armonioso di sicurezza e quindi di sviluppo e di prosperità.
Partendo da una riflessione sulla sicurezza internazionale, questo capitolo attraversa quello della sicurezza pubblica per dilungarsi maggiormente sul problema della sicurezza urbana ed in particolare sul rischio sicurezza nell'Italia del Nord.
2. La sicurezza internazionale
La questione sicurezza nella sua declinazione internazionale pone una domanda immediata che ci riguarda per il presente e per il futuro: quanto vogliamo scambiare dei diritti umani e civili per una maggiore (presunta) sicurezza contro il terrorismo ? È una domanda dalla cui risposta dipendono molte questioni e tra queste quella della legalità internazionale da considerare come il presupposto per la lotta al terrorismo, oppure come una serie di principi flessibili sui quali contrattare di volta in volta i singoli interventi. Alcune osservazioni sono necessarie:
- il terrorismo internazionale nella sua versione post 11 settembre 2001 ha certamente globalizzato la paura, indipendentemente dai luoghi dove i singoli eventi si sono succeduti. Per quanto eccezionale, si tratta di un fenomeno che ha delocalizzato gli atti di terrorismo internazionale che si erano inseguiti durante il secolo precedente e che originavano da conflitti locali e, tra questi quello arabo-israeliano. È stato cioè l'evoluzione di un fenomeno già preesistente;
- nel secolo XX si sono maturati una serie di principi internazionali che hanno fissato gli standard della legalità internazionale e, tra questi, la Convenzione dei diritti dell'uomo, la Convenzione di Ginevra contro la tortura, così come una serie di diritti che riguardano il processo penale ed il trattamento dei prigionieri. Si tratta di regole che si aggiungono a concetti già acquisiti, come quello della sovranità internazionale;
- altri diritti si sono via via aggiunti come quelli civili, e tra questi, quello alla privacy.
Dopo il settembre del 2001 una serie di atti hanno costituito palesi violazioni della legalità internazionale, a cominciare dal Patriot Act americano per continuare con le carceri di Guantanamo la rendition in paesi sovrani, il subappalto a paesi terzi per fini di tortura e le violazioni documentate nel carcere di Abu Graib in Irak. La stessa invasione di questo paese è iniziata con una palese violazione delle regole internazionali. Questa lunga serie di violazioni non ha pagato in termini di ostacolo al terrorismo, se si considerano gli eventi di Madrid e di Londra, cioè il radicamento dei principi della guerra terrorista in cittadini europei appartenenti alla seconda o terza generazione di immigrati. Al contrario la stessa invasione o guerra in Irak ha avuto l'effetto di moltiplicare e quasi legittimare i diversi terrorismi, saldando insieme fondamentalismi religiosi, nazionalismi politici e rivendicazioni economiche.
Il bilancio della guerra al terrorismo presenta una sconfitta chiara, quella dei diritti umani, a fronte di incertezze sulle vittorie sullo stesso fenomeno combattuto. Nessuno certamente può dire che cosa sarebbe successo se la guerra al terrorismo non fosse stata combattuta con gli strumenti che conosciamo. Certamente lo scambio tra diritti e sicurezza non ha funzionato!
Questa premessa ci deve aiutare a riflettere su due cose: primo lo scambio non va mai fatto perché i diritti sono cose serie. Si possono comprimere a certe condizioni e con certi limiti ma sempre con molta attenzione. Il dibattito sul rinnovo del Patriot Act in USA è un segnale di una rinnovata attenzione politica al problema da parte dell'opinione pubblica americana e della sua classe politica.
Secondo: occorre cercare altre soluzioni contro il terrorismo. La comunità internazionale ha fatto qualcosa sul breve periodo disponendo misure di controllo ma molto poco sul lungo in termini di prevenzione economica, sociale, culturale e politica. Investimenti massicci in questi settori nei paesi più arretrati potranno forse portare in futuro ampi benefici in termini di coabitazione tra culture diverse.
Nel breve periodo resta ancora molto da fare in termini di sicurezza internazionale ragionando con oculatezza su quali strumenti possono essere più adatti a ridurre le probabilità di attacchi terroristici. Si tratta di rendere più difficile le comunicazioni interne e quindi il reclutamento e il finanziamento dei gruppi terroristici. Su queste due piste uno sviluppo combinato di tecnologia e intelligence può portare come qualche volta ha portato a risultati promettenti. Ridurre le capacità di comunicazione e di finanziamento significa ridurre la dimensione globale a favore di quella locale. Questa si sta sviluppando oggi in una specie di franchising dei gruppi locali rispetto ai gruppi di comando. Una situazione destinata a durare fin quando persisteranno le ideologie ed atti del gruppo di comando. Man mano che queste si spegneranno con interventi massicci nei settori dei quali si parlava prima, allora il terrorismo potrà ridursi ad una dimensione locale perdendo la carica attuale ed il suo potenziale distruttivo.
La ricetta potrebbe consistere in interventi di lungo periodo combinati con interventi di breve periodo, fermo restando che i diritti umani vanno rispettati e quelli civili compressi, solo quando necessario e per un periodo limitato e nelle forme richieste.
[segue]
* Professore ordinario di Criminologia, Università Cattolica di Milano.
Direttore di Transcrime (Centro di ricerca sulla criminalità internazionale)
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