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Giustizia e integrazione europea

a cura di Piergiuseppe Monateri

 INTRODUZIONE

La rapida trasformazione delle società occidentali nell’ultimo decennio, e l’avanzamento del processo di integrazione

europea, hanno reso globale non solo il mercato dei beni, ma anche quello dei servizi. In questo quadro la giustizia civile ha la caratteristica di essere un servizio chiave per la coesione della società e per il funzionamento dei mercati.

Dal punto di vista di una visione liberale dei processi di trasformazione sono, quindi, due le variabili principali da analizzare in tale contesto di globalizzazione del diritto e della giustizia: l’efficienza e la flessibilità.

Efficienza intesa come capacità del sistema giustizia di allocare i diritti in seguito a situazioni di conflitto, e quindi sua capacità di tutelare i diritti individuali, di sanzionare gli illeciti civili, e di far eseguire i contratti. Flessibilità intesa come capacità del sistema di produzione delle norme di adeguarsi in tempi utili ai mutamenti del mondo esterno.

Il nostro rapporto annuale intende, perciò, spingersi al di là del dato formale (1) della recezione delle norme europee in due direzioni:

  • una analisi delle strutture del nostro sistema giustizia rispetto agli altri sistemi giustizia presenti nei paesi europei, onde misurare il "grado di efficienza" delle strutture italiane della giustizia.
  • una analisi dell’indice di rigidità normativa dell’ambiente giuridico italiano rispetto alle esigenze economiche imposte dai processi di globalizzazione, onde misurare il "grado di rigidità normativo" dell’ordinamento italiano.

Il giudizio finale verrà quindi costruito sulla misurazione empirica di tali variabili.

 

L’EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA.

La macchina della giustizia italiana è mastodontica. I dati appaiono particolarmente sbilanciati soprattutto se confrontati con quelli di altri sistemi europei. In Inghilterra vi sono circa 600 giudici, in Francia il loro numero si attesta sulle 6.000 unità. In Italia il numero complessivo dei magistrati professionali ammonta a 8.639, cui vanno aggiunti circa 6.000 giudici di pace per un totale di 14.000 giudici. Ad una tale mole di personale coinvolto nell’amministrazione della giustizia fa tuttavia riscontro una lentezza drammatica dei tempi di decisione.

Tale lentezza può essere facilmente esaminata con riferimento:

  • al numero dei processi sopravvenuti, che rappresenta la domanda di giustizia rivolta dai cittadini al sistema;
  • al numero dei processi esauriti, che rappresenta la capacità di risoluzione dei conflitti da parte dell’apparato giudiziario;
  • al numero dei processi pendenti, che rivela quindi il grado di inefficienza della macchina della giustizia civile.

La situazione riscontrata è esemplificata nei grafici 1) e 2). Il risultato attuale di tale situazione è rappresentato da un numero esorbitante di giudizi "pendenti":

  • primo grado : 3.200.000 giudizi pendenti rispetto a 1.451.000 cause sopravvenute;
  • secondo grado: in appello pendono 266.000 giudizi;
  • cassazione: 42.000 pendenze rispetto ad un numero di decisioni annue che si attesta sulle 30.000 unità.

È facile constatare come il numero di giudizi pendenti riguardi essenzialmente il primo grado, cioè il Tribunale e i giudici di pace. Ovvero la disfunzione colpisce proprio il primo gradino della giustizia: quello in cui in prima battuta il sistema di pronuncia sulla ragione e sul torto delle parti in causa.

Una tale mole di giudizi pendenti si traduce inevitabilmente in un allungamento dei tempi della decisione di primo grado, facilmente misurabile in raffronto con gli altri sistemi europei:

Italia      4 anni o 48 mesi

Francia 7,5 mesi

Germania             6 mesi

È allora chiaro come il sistema italiano non sia più neanche raffrontabile con gli altri sistemi europei. Muta, infatti, la stessa unità di misura: anni per l’Italia, mesi per l’ Europa. È anche chiaro il danno economico di un tale disfunzionamento situato proprio a livello del primo grado di giudizio. Infatti, l’incapacità di giungere in tempi brevi ad una prima allocazione del torto e della ragione significa un aumento drammatico dei costi transattivi. Cioè dei costi che le parti in buona fede devono comunque affrontare per raggiungere un accordo sulle rispettive ragioni. Perciò anche a parità di ulteriori condizioni di efficienza, il sistema italiano risulta "schiacciato" dalla presenza di fortissimi costi transattivi che lo spingono verso il basso.

L’analisi (2) mostra anche che il sistema italiano non risulta sovraffollato da un aumento eccezionale della "domanda di giustizia", la quale anzi è stabile se non in discesa negli ultimi anni. Né si tratta di un problema di "carenza di organico". Non solo, come indicato, la macchina italiana della giustizia è mastodontica, ma sulla base del grafico 3) si può vedere agevolmente come il numero dei giudizi pendenti sia cresciuto al crescere del numero di magistrati immessi nei ruoli (3). Ciò significa che, in assenza di aumento dell’input, e in presenza di aumento dell’organico, è proprio il sistema stesso di strutturazione della magistratura e dell’organizzazione dei tribunali che non funziona e che deve essere cambiato.

Dal punto di vista di un rapporto annuale sull’indice di liberalismo da assegnare al sistema Italia vi è qui semplicemente da fissare la distanza totale che separa l’efficienza della giustizia civile italiana da quella dei paesi europei trainanti (Francia e Germania). Si tratta quindi di un giudizio relativo, sulla base di una scala di divergenza.

Se pertanto attribuiamo il punteggio di efficienza migliore al sistema migliore (Germania, 6 mesi = punti 10), la differenza tra i due sistemi migliori ci può indicare l’unità di grandezza su cui costruire la scala di misura. Poiché la distanza tra Francia e Germania è dell’ordine di un mese e mezzo, pare congruo costruire una scala di misurazione sull’ordine dei due mesi di ritardo decisionale nella risoluzione dei conflitti. Sulla base di tale scala si può vedere come il tempo medio italiano per la risoluzione di un conflitto in primo grado sia di 48 mesi, con un ritardo conseguente di 42 mesi rispetto al modello tedesco. Ciò significa che rispetto alla scala di misurazione dell’indice di efficienza di un sistema giustizia l’ Italia otterrebbe una valutazione addirittura negativa di - 11. Ciò significa ovviamente che l’Italia non appartiene neanche alla medesima classe di sistemi cui appartengono quello tedesco e quello francese.

Si può perciò arrivare ad un ranking di efficienza dei sistemi giustizia sulla base di varie classi (A,B,C ...) e sulla base decimale della scala. Onde se Francia e Germania appartengono alla classe A, l’ Italia deve venire situata nella parte alta ma della classe C. È quindi chiaro come il giudizio sulle capacità di efficienza del sistema giustizia italiano, e quindi sulle sue capacità di integrazione e interazione con gli altri sistemi europei non possa che essere assolutamente negativo.

LA RIGIDITA’ NORMATIVA.

Il secondo aspetto del nostro rapporto riguarda la capacità dell’ambiente normativo italiano di far fronte ai mutamenti del mondo esterno, e quindi di mantenersi a livelli competitivi accettabili.

Si tratta qui di effettuare una cross system analysis (4) rendendo visibile la correlazione che esiste fra le performance relativamente povere del nostro sistema economico ed il quadro giuridico in cui tali performance avvengono (5). Per giungere a tale analisi si è utilizzato un indicatore sintetico di efficienza dell’ambiente normativo. Tale indicatore

è stato costruito sulla base di un confronto internazionale fra leggi, regole e procedure in materia societaria. E’, infatti, chiaro, che le società per azioni si pongono come i soggetti centrali delle attuali economie globali e integrate (6). Pertanto il modo in cui i diversi sistemi giuridici regolano tali soggetti appare come l’indice migliore per giudicare della loro capacità di far fronte ai processi attuali di integrazione e di globalizzazione internazionale.

Da tale analisi emergono i dati riassunti nella tabella 4). Da cui si evince chiaramente come l’Italia risulti nel campione il paese dotato di maggior rigidità normativa, e di più scarsa performance economica; confermando peraltro anche la intuitiva correlazione che esiste fra le due variabili. Fatto quindi pari a 0 l’indice di rigidità normativa degli Stati Uniti, risulta che Francia e Germania si situano nuovamente vicine con un indice, rispettivamente del 2,00 e dell’ 1,98, mentre l’Italia risulta assai lontana con un indice del 3,191, ben oltre la Spagna con un indice del 2,39.

Se, come prima, ci rivolgiamo alle differenze relative ed al loro ordine di grandezza, possiamo constatare come nuovamente l’Italia non appartenga alla stessa classe di ranking degli altri sistemi europei. La distanza della Spagna dal sistema euro-continentale (7) più flessibile è dello 0,39, mentre quello dell’Italia risulta essere dell’ 1,19. Calcolando, quindi, un differenziale di classe di ranking dell’ordine di 0,5, si può asserire che il sistema Italia appare nuovamente relegato a 2 classi di distanza. Fatta quindi pari alla classe A la flessibilità dei migliori sistemi continentali , l’Italia deve riconfluire nella classe C.

Se, pertanto, analizziamo le capacità del sistema, in termini di potenzialità di adeguamento delle norme al mutare delle circostanze, ritroviamo che il nostro sistema giuridico mal si integra con i partner europei, ed è ben distante dall’ambiente dei paesi di maggior successo economico. Tali risultati verranno integrati con le considerazioni precedentemente svolte nelle successive conclusioni.

CONCLUSIONI: UNA VALUTAZIONE PESSIMISTA.

I dati e le analisi fin qui fornite conducono a formulare un giudizio ampiamente negativo sul sistema giustizia Italia, sotto il duplice profilo dell’efficienza e della flessibilità, quali fattori di integrazione omogenea con gli altri sistemi europei.

Inoltre efficienza e flessibilità nella creazione e allocazione dei diritti, e conseguentemente nella risoluzione dei conflitti, appaiono come chiari indici del tasso di liberalismo di un sistema giuridico inserito nelle dinamiche attuali di integrazione internazionale e globalizzazione dei mercati.

In base alle considerazioni prima svolte è stato possibile suggerire un criterio di ranking per i sistemi considerati. Sia per quanto riguarda l’efficienza che la flessibilità normativa è possibile indicare come i sistemi europei siano molto più vicini fra loro di quanto non lo sia ad essi il sistema italiano. Questa seria valutazione relativa si può tradurre nell’assegnazione di un rating di classe situando, in particolare il sistema tedesco e quello francese nella classe A, e quello Italiano addirittura nella classe C. Il che rappresenta la misura della distanza che quest’ultimo dovrebbe compiere per ravvicinarsi ai primi.

A tale giudizio fortemente negativo deve anche aggiungersi un consimile pessimismo sulle possibilità di adeguamento del sistema. Infatti, non paiono in atto dinamiche contrarie tese a riportare il sistema Italia verso condizioni di similarità con gli altri sistemi europei. Il settore su cui si potrebbe agire più facilmente è forse quello della rigidità dell’ambiente normativo. Mentre appare, allo stato, del tutto impossibile prevedere mutamenti significativi nel settore della macchina della giustizia.

 

Note.

1. Dal punto di vista formale ormai le varie normative europee vengono automaticamente inserite nell’ordinamento italiano da una legge di recezione annuale, ma questo dato nulla ci dice rispetto alla vicinanza o distanza del nostro sistema rispetto agli altri sistemi europei, né al modo in cui direttive e regolamentazioni europee vengano effettivamente integrate nel nostro steso sistema giuridico, cfr. sul punto G. Benacchio, Diritto privato della Comunità europea, Padova, 1998.

2. L’analisi completa e tutti i dati si trovano nel rapporto del Centro di Ricerca e Documentazione "L.Einaudi", Costi e tempi della Giustizia Civile in Italia: Analisi economica, riforme e strumenti alternativi, Torino, 1999.

3. Cfr. sul punto A.M.Musy, Un manager in tribunale, in 34 BdL, 69-73 (1999).

4. Sull’uso di tale analisi in relazione alla performance dei sistemi economici e il loro environment giuridico cfr. B.Bortolotti, M.Fantini, D.Siniscalco, Privatisation and Institutions: a Cross Country Analysis, disc. Paper JEL class.: L33, D 72, G 15, H6, K 22 (1999).

5. I.S.A.E., IV Rapporto trimestrale sui nodi della struttura dell’economia italiana, Roma, aprile, 2000. Ove si rinviene la dimostrazione completa di quanto al testo.

6. Cfr. J.R. Macey, Italian Corporate Governance: One American’s Perspective, in 1:121 Columbia Business Law Rev., 121 (1998) ; K.J. Hopt, Company Law in the European Union: harmonization or Subsidiarity, in Centro di studi e ricerche di diritto comparato e straniero, Roma, 1998; nonché B.Black e R.Kraakman, A Self- Enforcing Model of Corporate Law, in 109 Harvard Law Rev., 1911 (1996).

7. L’Inghilterra è presente nel campione con un indice di rigidità dello 1,18. Ma Inghilterra e Stati Uniti appartengono ad una diversa famiglia giuridica, quella di Common Law, rispetto alla così detta famiglia giuridica di Civil Law dell’ Europa continentale. Pare quindi più congruo limitare, in questa fase, il raffronto a sistemi di cultura giuridica più affine.

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