Sezione Ricerca Scientifica
Scienza, tecnologia e tradizione liberale
La scienza prospera in una società libera e contribuisce a sua volta al suo consolidamento e alla sua prosperità. Al di là del suo apporto alla crescita delle conoscenze e del benessere materiale della collettività, la scienza rappresenta una grande scuola di libertà e di democrazia, un’arena di discussione e di critica senza steccati o autoritarismi. Un’arena che si è andata progressivamente dilatando fino ad abbracciare tutti i popoli della terra: un elemento, seppure parziale, di aggregazione in un clima internazionale più tendente alla disgregazione.
La cultura della libertà non può prescindere da una cultura della discussione, dell’ascolto, della razionalità, e della sperimentazione, anche se si tratta più di un programma e di un obiettivo che di un reale attingimento. E va ripensato continuamente.
Come ben sa ogni genitore attento, proibire e reprimere è facile e a suo modo rassicurante, mentre lasciar correre le cose nel quadro di un programma formativo e di un contenimento a distanza è molto più difficile e impegnativo. Si richiede una mente aperta, la capacità di distinguere da caso a caso e la disposizione ad una sperimentazione continua. Molti di questi atteggiamenti sono tipici di una mentalità e di una pratica scientifica. La libertà, insomma, come la scienza si costruisce di giorno in giorno. Altrimenti non è libertà, ma una presunzione di libertà.
Le società chiuse o solo apparentemente aperte vedono con sospetto la scienza, causa di continue novità, nonché di eresie e di scandali. Si tratta dell’eterna lotta fra l’a priori e l’a posteriori o, meglio, fra l’a priori e basta e l’a priori più l’a posteriori. Se è vero infatti che senza assunzioni e supposizioni non può esserci neppure l’osservazione, la conoscenza del mondo, di quello naturale come di quello umano, non può che procedere attraverso il continuo e sempre rinnovato confronto fra le predizioni e l’osservazione. Ma occorre che siano a loro volta assicurate le condizioni per affrontare e valutare le conseguenze delle nuove osservazioni.
I fratelli Wright
Wilbur e Orville Wright nacquero (rispettivamente nel 1867 e nel 1871) nella famiglia di Milton Wright, vescovo di una Chiesa protestante nell’Ohio. Come il padre, i fratelli Wright erano pensatori indipendenti, nutrivano un’enorme fiducia nelle proprie doti, una fede incrollabile nelle proprie convinzioni e l’assoluta determinazione di perseverare nonostante le delusioni e le avversità. Questi tratti contribuiscono indubbiamente a spiegare il loro successo come inventori.
Verso la fine del XIX secolo, in tutto il mondo sviluppato numerosi inventori stavano cercando di realizzare una macchina volante più pesante dell’aria. Grazie ai proventi accumulati dalla fiorente attività di stampatori, editori di giornali locali e in seguito di produttori di biciclette (e alle svariate invenzioni in entrambi i campi), i due fratelli poterono finanziare i propri esperimenti aeronautici.
Ai loro studi in campo aeronautico, condotti indipendentemente, e ai i risultati già ottenuti da altri pionieri dell’aviazione, i due fratelli unirono l’elemento ancora mancante, ossia un efficace sistema per controllare l’aereo in volo. L’ingegnosità e la determinazione dei due culminarono, il 17 dicembre del 1903, nel primo volo del Flyer, avvenuto presso Kitty Hawk, in North Carolina.
Nei 100 anni successivi, la conquista dell’aria è stata una delle avventure che più ha contribuito a cambiare il mondo; l’incredibile ampliamento degli orizzonti individuali venne realizzato da due imprenditori privati autodidatti con fondi interamente propri.
Norman Borlaug e la rivoluzione verde
Fin dall’epoca di Thomas Malthus, numerosi economisti e studiosi hanno temuto e previsto carestie catastrofiche e la morte per fame di intere popolazioni. Ancora verso la fine degli anni Sessanta, alcuni libri di grande successo prevedevano che la sovrappopolazione del pianeta avrebbe causato entro il 1975 una carestia che avrebbe prodotto la scomparsa di un quarto della popolazione mondiale. Il rimedio auspicato da questi tardi epigoni di Malthus consisteva in un assoluto controllo dei governi sulle risorse del pianeta e un drastico programma di controllo delle nascite.
Al contrario, grazie alle ricerche guidate da Norman Borlaug, un agronomo americano e futuro premio Nobel per la pace, le periodiche carestie che avevano afflitto interi continenti sarebbero diventate sempre più rare.
Negli anni Quaranta Borlaug aveva avviato un programma di ricerca con l’obiettivo di aiutare gli agricoltori messicani di granaglie ad ottenere rese più elevate: nel corso dei venti anni successivi, Borlaug e il suo gruppo riuscirono ad ottenere per ibridazioni successive una specie di grano nano resistente ad una vasta gamma di parassiti e di malattie e in grado di realizzare rese superiori di due o tre volte rispetto alle varietà tradizionali.
Negli anni Sessanta il programma venne esteso ai piccoli agricoltori del subcontinente indiano. Il risultato fu che, tra il 1965 e il 1970, la produzione di grano in India e Pakistan raddoppiò. Negli anni Ottanta anche la Cina adottò le varietà e i metodi della “Rivoluzione Verde”, al punto che oggi il Paese è tra i maggiori produttori di cibo al mondo.
Il caso Lysenko e i rischi del potere
L’agronomo sovietico Trofim Denisovich Lysenko (1898-1976) rappresenta un caso emblematico di quanto la scienza possa essere corrotta dal rapporto con il potere. Lysenko rifiutava le teorie sull’ereditarietà (originariamente avanzate da Mendel e generalmente accettate dagli studiosi) e postulava che le caratteristiche acquisite in seguito all’effetto delle influenze ambientali venissero trasmesse alla discendenza.
Affermando che le sue teorie erano in piena sintonia con la dottrina marxista, egli ottenne il sostegno del Partito Comunista: nel 1938 assunse la guida scientifica e amministrativa dell’agricoltura sovietica.
Sulla base delle teorie sull’ereditarietà di Lysenko, Stalin (per il quale era evidente l’attrattiva di una teoria che giustificasse “scientificamente” la possibilità di costruire a tavolino “l’uomo nuovo” sovietico) si convinse ad avviare un grandioso “piano di trasformazione della natura”, che prevedeva tra l’altro un massiccio rimboschimento delle zone aride del sud-est della Russia, piano che — abbastanza prevedibilmente — andò incontro ad uno spettacolare fallimento.
Grazie alla sua posizione di potere, Lysenko divenne il braccio della repressione staliniana in campo scientifico e fu personalmente responsabile dell’esilio e della morte di numerosi scienziati di talento. Dopo la morte di Stalin, tuttavia, la posizione di Lysenko iniziò a sgretolarsi. Negli anni successivi divenne evidente che Lysenko aveva falsificato i risultati dei suoi esperimenti al fine di convalidare le proprie teorie e nel 1965 venne definitivamente allontanato dalla guida dell’Istituto di genetica. La sua figura è memento perenne per tutti gli scienziati: la vera conoscenza deve essere sempre lontana dal potere politico.
Gli inizi della lotta contro il vaiolo
Sebbene oggi la vaccinazione sia pressoché universalmente accettata, agli inizi tale pratica venne considerata con sospetto e perfino combattuta. Nel XVIII secolo, prima dell’invenzione della vaccinazione, alcuni medici si servivano del metodo dell’inoculazione (consistente nell’inoculare, sotto la pelle o nelle narici di una persona sana, la polvere ricavata polverizzando le pustole di una persona ammalata). L’inoculazione si diffuse in Europa a partire dagli anni Venti del XVIII secolo.
Questa pratica suscitò grandissime polemiche e vera e propria animosità tra i suoi avversari, che ritenevano che contribuisse a diffondere l’epidemia, tanto che venne pressoché abbandonata intorno agli anni Trenta del secolo.
La prima applicazione dell’inoculazione in America avvenne nel 1721, quando un’epidemia di vaiolo scoppiò nel porto di Boston. Su richiesta del prelato Cotton Mather (che una trentina d’anni prima era stato indirettamente coinvolto nel processo delle streghe di Salem) un medico inoculò una trentina di abitanti della città.
Egli venne accusato di diffondere il vaiolo e sfuggì di stretta misura a un tentativo di linciaggio. Nonostante la resistenza delle autorità, l’inoculazione venne sostenuta da influenti personaggi, tra i quali Benjamin Franklin (che aveva perduto l’unico figlio proprio per il vaiolo) e George Washington.
L’inoculazione venne generalmente accettata in America verso la metà del secolo. La vaccinazione, che comportava un tasso di mortalità decisamente inferiore, subentrò al metodo precedente a partire dal 1799.
Nanotecnologie
Il termine “nanotecnologia” viene utilizzato per indicare tutte quelle ricerche indirizzate alla realizzazione di manufatti di dimensioni inferiori ai 1.000 nanometri (un nanometro è pari ad un milionesimo di millimetro). Ciò richiede lo sviluppo di tecniche in grado di posizionare con estrema precisione i singoli atomi e molecole che compongono l’oggetto.
Le potenziali applicazioni delle nanotecnologie sono numerose e straordinarie: si va dalla realizzazione di microchip più piccoli di svariati ordini di grandezza rispetto a quelli attuali (al punto che un dispositivo non più grande di una zolletta di zucchero potrebbe contenere tutti i testi della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti) a potenti pannelli solari stampabili nel rivestimento dei tetti a innumerevoli applicazioni nel campo della medicina, come “nanotubi peptidici” in grado di attaccare selettivamente i batteri nocivi senza danneggiare l’organismo umano.
Questo nuovo settore scientifico e tecnologico ha sollevato i timori di chi crede, a torto o a ragione, che esso comporti gravi pericoli e che sia necessario l’intervento delle autorità pubbliche per regolamentare - o proibire tout court - la ricerca in questo campo.
Temendo l’imposizione di controlli dettati da considerazioni politiche o poco pertinenti dal punto di vista scientifico, la comunità di ricerca nel campo delle nanotecnologie ha adottato fin dal 1999 una serie di linee-guida, aventi lo scopo di ridurre al massimo grado possibile l’uso scorretto dei nuovi ritrovati.
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