PREMIO INTERNAZIONALE ALLA LIBERTÀ
SCIENZA, TECNOLOGIA E TRADIZIONE LIBERALE
La concezione moderna di ricerca scientifica si afferma con Galileo nella prima metà del Diciassettesimo secolo. La libera indagine del mondo naturale, senza alcuna soggezione nei confronti dell'autorità accademica, religiosa o politica, guidata dal linguaggio neutro della matematica e confermata esclusivamente da esperimenti, ha certamente rappresentato un fattore di emancipazione umana di prima grandezza. La possibilità di poter sostenere qualsiasi tesi, purché suffragata dalle osservazioni e di poter indagare qualsiasi campo dello scibile ha prodotto un ineguagliabile progresso tecnico e umano. Non è un caso che le rivoluzioni che hanno cambiato il volto del pianeta, in campo sociale e politico, si siano prodotte in Occidente tra la fine del Seicento e la seconda metà del Settecento. Il potere politico nella sua forma più assoluta e oppressiva ha compreso ben presto che sarebbe stato enormemente rafforzato dal possesso degli strumenti tecnici, in campo sia civile che militare, che solo la scienza poteva offrire.
Nella sua lunga opposizione all'abuso del potere politico, la tradizione liberale ha coerentemente sostenuto il valore della libera indagine scientifica e ha riconosciuto come la prosperità garantita dal progresso tecnico e scientifico rappresenti un presupposto per la costruzione di una società libera. In effetti, ricerca scientifica e liberalismo condividono un assunto epistemologico fondamentale: in linea di principio il ricercatore non conosce la "verità" e i suoi esperimenti possono sia confermare che smentire la sua ipotesi di lavoro. Di conseguenza, la ricerca scientifica non deve essere vincolata o indirizzata da tesi precostituite.
Analogamente, nessun individuo o gruppo può sostenere di sapere a priori cosa sia bene per l'intera società e quest'ultima non può e non deve essere forzata a realizzare uno scopo imposto dal potere. In estrema sintesi, affinché possano prosperare, sia la scienza che la società devono essere libere.
GALILEO GALILEI
La figura di Galileo Galilei, filosofo della natura, astronomo e matematico, torreggia nel pantheon della storia della scienza. I suoi contributi nel campo della cinematica, dell'astronomia e della scienza dei materiali si accompagnano allo sviluppo del metodo scientifico stesso.
Le sue osservazioni astronomiche portarono Galileo sempre più vicino alle posizioni di Copernico e al suo sistema eliocentrico e lo misero in contrasto con il potere della Chiesa. Il principale problema sollevato dai suoi scritti consisteva nella possibilità di dover interpretare alcuni passaggi biblici alla luce delle scoperte scientifiche. La Chiesa aveva riservato tale compito ai soli teologi approvati dalle autorità ecclesiastiche: l'interpretazione della Bibbia da parte di studiosi laici risultava pericolosamente vicina all'eresia protestante. Nel 1615 l'Inquisizione dichiarò eretica la teoria copernicana e Galileo venne ammonito a "non sostenere né difendere" le idee di Copernico.
Nel 1623 il papa Urbano VIII, ammiratore e protettore di Galileo, gli concesse il permesso di scrivere un libro sulle teorie in merito all'universo, a patto però che la teoria copernicana venisse affrontata come una mera ipotesi. Il notissimo Dialogo sopra i due massimi sistemi, venne pubblicato nel 1625, ma la commissione che esaminò il testo di Galileo giunse alla conclusione che la teoria di Copernico non era stata esposta in via di semplice ipotesi e stabilì che Galileo venisse processato dall'Inquisizione. Il tribunale, ritenendo Galileo fortemente sospetto di eresia, lo condannò al carcere a vita e ad abiurare formalmente dalla teoria eliocentrica dell'universo. Galileo passò il resto della vita confinato in una villa ad Arcetri, nei dintorni di Firenze.
La condanna di Galileo venne considerata da molti contemporanei un'autentica tragedia: non mancarono influenti personaggi che cercarono di far revocare la condanna e i tentativi di riabilitazione sono continuati per secoli. Nel Settecento la Chiesa rese più elastico il divieto di discutere il moto della Terra, anche se il Dialogo sopra i due massimi sistemi rimase all'indice fino al 1835. La condanna dello scienziato pisano è stata semplicisticamente ridotta a simbolo della lotta delle forze della ragione contro l'autorità e la superstizione, anche se la posizione della Chiesa nei confronti di Galileo ha subito una continua evoluzione; le opinioni galileiane sulla relazione tra ricerca scientifica e interpretazione biblica sono state approvate dal Vaticano a partire dal 1893.
Questa opinione è stata ribadita nel 1979 da Papa Giovanni Paolo II, che affermò inoltre che Galileo aveva subito un'ingiustizia; la successiva dichiarazione del Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze è stata interpretata come una vera e propria riabilitazione di Galileo.
THOMAS JEFFERSON
Thomas Jefferson è universalmente noto per la sua teoria e per la sua attività politica, in modo particolare per essere l'autore della Dichiarazione di Indipendenza e per la sua continua difesa della libertà individuale come valore fondante della nuova repubblica. Ma, come molti personaggi della sua epoca, egli fu anche un eclettico intellettuale, musicista, architetto, inventore e storiografo. Non solo egli fu uno degli uomini più colti della sua generazione, ma anche un spirito intimamente scientifico, avversario dei pregiudizi sia nel campo della costruzione dell'ottimo governo, sia in quello della ricerca. Il suo vero motto era che "la ragione e la libera indagine sono gli unici fattori efficaci contro l'errore".
Jefferson si dimostrò un valente architetto, progettando la propria residenza di Monticello (ispirata alle opere del Palladio), la pianta di Richmond, scelta come nuova capitale della Virginia e, in tarda età, l'Università della Virginia.
Nell'inverno del 1780 Jefferson si dedicò alla stesura delle famose Notes on the State of Virginia, in cui dava una prodigiosa descrizione della geografia, della storia e dell'etnografia del suo stato. Tra l'altro, in quest'opera Jefferson confutò le tesi del naturalista francese Buffon, che sosteneva che le specie animali e vegetali americane rappresentassero una degenerazione, più piccola e debole, di quelle del Vecchio Mondo.
Nel 1800, appena eletto presidente, organizzò una spedizione che esplorasse i vasti territori oltre il Mississippi per trovare una via commerciale verso il Pacifico e per descrivere la flora e la fauna del paese. La spedizione di Lewis e Clark partì nel maggio 1804 da Saint Louis, giunse dopo mille vicissitudini alla costa del Pacifico a fece ritorno nel settembre 1806 rappresentando una tappa gloriosa dell'esplorazione del continente.
Convinto che le virtù repubblicane e la libertà potessero prosperare solo in una popolazione istruita e ingentilita, dedicò gli ultimi anni della sua vita all'ideale dell'istruzione, rappresentato dall'Università della Virginia, di cui progettò personalmente gli edifici. In qualità di rettore, egli stilò personalmente i programmi e gli orari delle lezioni e si occupò di innumerevoli dettagli amministrativi. Sottolineò sempre la necessità di concedere la massima libertà di insegnamento. Nel 1824 Jefferson, ottantunenne, ebbe la soddisfazione di assistere alla cerimonia inaugurale dell'Università della Virginia. Due anni dopo, simbolicamente proprio il 4 luglio, cinquantenario della Dichiarazione d'indipendenza, concluse la sua avventura terrena nella casa di
Monticello.
CHARLES DARWIN
Il naturalista inglese Charles Darwin è universalmente noto per la sua teoria dell'evoluzione delle specie basata sul meccanismo della selezione naturale. Nel dicembre del 1831 Darwin si imbarcò nel notissimo viaggio intorno al mondo con il brigantino Beagle, durante il quale raccolse un'enorme mole di osservazioni sulle quali avrebbe basato gran parte della sua opera successiva.
Temendo la reazione e la condanna delle autorità religiose e accademiche, per oltre vent'anni egli non osò rendere pubblica la sua teoria evoluzionistica, consapevole che la stessa idea di evoluzione era invisa al clero, che la riteneva un'eresia abominevole e blasfema, destinata a corrompere l'umanità e a distruggere le fondamenta dell'ordine sociale.
Nel 1858 decise finalmente di dare alle stampe l'Origine delle specie. Com'era prevedibile, i giornali ridussero la teoria alla risibile asserzione che l'uomo discendeva dalle scimmie e accusarono Darwin di negare l'immortalità dell'uomo.
La novità delle teorie di Darwin non consisteva tanto nell'idea di evoluzione, accettata da più parti, quanto nel meccanismo che governava l'evoluzione stessa e nella concezione della vita come, una serie di rami e non di una scala verso forme sempre più perfette e superiori di vita. Nella concezione darwiniana non vi era posto per un superiore e un inferiore: si trattava di una concezione prettamente relativistica, in cui la vita si diffondeva occupando nicchie ecologiche e non progrediva lungo una scala ascendente. In tal modo l'uomo non appariva più al vertice della creazione.
Le implicazioni sociali e politiche delle teorie darwiniane rappresentavano (e rappresentano tuttora) qualcosa di assai discutibile. I sostenitori del "darwinismo sociale", termine coniato dal filosofo Herbert Spencer, lamentavano il fatto che la civiltà moderna proteggesse i "meno adatti" dalla necessaria selezione, permettendo il perpetuarsi di tratti indesiderabili o "degenerati".
Inevitabilmente, la crescita impetuosa del nazionalismo condusse a vedere l'arena internazionale come una lotta per la sopravvivenza tra Stati o, sempre più sovente, tra razze, che avrebbe potuto concludersi solo con l'annientamento delle razze più deboli e il predominio di quelle "superiori". Più recentemente il darwinismo è stato al centro di accese polemiche negli Stati Uniti, in cui gruppi di pressione ispirati ad una lettura letterale della Bibbia erano riusciti a far vietare l'insegnamento delle teorie di Darwin nelle scuole pubbliche di alcuni stati e contee del paese. La dimostrabile inconsistenza scientifica delle argomentazioni di tali gruppi fondamentalisti è stata superata dalla nascita della dottrina del "disegno intelligente". Tale teoria sostiene che l'origine dell'universo, della vita e della sua diversità debba essere ravvisata in cause intelligenti e che tale disegno sia empiricamente osservabile in natura e in particolare negli organismi viventi.
ALBERT EINSTEIN
Albert Einstein è stato riconosciuto già dai suoi contemporanei come uno degli scienziati più creativi nella storia dell'umanità. Le teorie avanzate da Einstein nei primi quindici anni del Ventesimo secolo hanno proposto un modo completamente nuovo di pensare lo spazio, il tempo e la gravita. La sua teoria della relatività e della gravitazione hanno rappresentato un enorme progresso rispetto alla vecchia fisica newtoniana e hanno rivoluzionato l'indagine scientifica e filosofica. Al tempo stesso, Einstein ha vissuto in uno dei periodi più cupi e sanguinar! della storia umana: egli dichiarava di avere "un appassionato senso della giustizia sociale e della responsabilità sociale" e difese sempre la causa della pace e della libertà. Tuttavia, per una tragica ironia, il suo nome è indissolubilmente legato all'arma più terribile mai creata dall'uomo, la bomba atomica.
Nel 1905, mentre lavorava presso l'ufficio brevetti di Berna, Einstein pubblicò una serie di articoli in cui veniva esaminata la natura della luce (che secondo lui aveva un comportamento in parte ondulatorio, in parte corpuscolare) e si delineava la teoria della relatività speciale. Per la sua teoria sulla luce, nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica.
Nel dopoguerra, sulla cresta della marea crescente di antisemitismo, egli fu attaccato per aver "introdotto il bolscevismo nella fisica" e l'avversione provata dai circoli più reazionari nei suoi confronti crebbe a dismisura alla notizia del suo appoggio alla causa sionista.
L'avvento al potere del nazismo pose Einstein di fronte al dilemma creato dal suo pacifismo: lo scienziato era talmente convinto che la Germania nazista si preparasse a scatenare una guerra che - scandalizzando i suoi amici e colleghi pacifisti - esortò l'Europa libera ad armarsi e a prepararsi a difendersi dall'aggressore. Einstein si allontanò in modo ancora più drammatico dalle sue convinzioni pacifiste nel 1939, quando ebbe notizia dal fisico danese Niels Bohr che in Germania erano stati effettuati esperimenti sulla fissione atomica. Considerando imminente una guerra europea e temendo che gli scienziati tedeschi potessero giungere per primi allo sviluppo di una reazione atomica, Einstein venne persuaso dai colleghi ad indirizzare una lettera al presidente Roosevelt, in cui raccomandava di considerare e, se necessario, avviare le ricerche per realizzare una bomba atomica.
Tale raccomandazione è considerata da molti come l'inizio del Progetto Manhattan, che condusse alla realizzazione della bomba atomica. Einstein si unì però prontamente ai suoi colleghi che cercavano di prevenire qualsiasi uso futuro della bomba atomica. In particolare, egli sostenne una soluzione utopistica, ma perfettamente in armonia con la temperie dei tempi, consistente nella creazione di un governo mondiale retto da una costituzione stilata da Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica.
LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
Il processo di mutamento da una società dominata da un'economia agricola e artigianale ad una dominata dall'industria e dalle macchine è stato a buon diritto descritto come una rivoluzione.
Uno dei problemi storici più dibattuti in merito alla rivoluzione industriale riguarda le cause di questo fenomeno e perché esso si sia verificato in Gran Bretagna e non in altri paesi d'Europa. In generale si ritiene che il cambiamento sia nato dall'interazione sinergica di numerosi fattori i cui effetti si sono reciprocamente rafforzati, fino ad innescare un meccanismo in grado di auto sostenersi e di auto alimentarsi.
Tra i fattori politico-istituzionali che hanno favorito un mutamento di tale portata va considerato il ridotto potere statale, l'uniformità delle norme e delle procedure legali e commerciali e l'assenza di barriere interne al movimento di beni, capitali e idee. Sotto questo aspetto la Gran Bretagna della seconda metà del Settecento si distingueva nettamente dal resto d'Europa: nel regime parlamentare prodotto dalla rivoluzione del 1688 la filosofia civile dominante, esemplificata dalle opere del filosofo John Locke, era ispirata all'individualismo e alla centralità che in essa avevano la proprietà privata e i suoi diritti. La tutela rigoroso della proprietà è forse il tratto che più differenziava la Gran Bretagna dagli altri paesi europei.
Di pari importanza è il graduale abbandono delle politiche mercantilistiche nella Gran Bretagna nel Settecento, che generò una crescente importanza della libera iniziativa e la propensione all'innovamento. Tra gli altri fattori citati a spiegazione del fatto che la rivoluzione industriale sia nata in Gran Bretagna si possono annoverare il regime di decentramento amministrativo, che evitava la concentrazione nella capitale degli individui più acculturati e intraprendenti permettendo quindi una maggiore distribuzione territoriale del talento, nonché una minore possibilità di controllo e di sfruttamento da parte del potere statale.
Va pure sottolineata l'importanza dello spirito di tolleranza vigente nella società inglese alla fine del diciottesimo secolo e, in sottordine, il fatto che l'assenza di persecuzioni religiose abbia evitato l'emigrazione forzata di consistenti gruppo sociali (esemplare il caso degli ugonotti francesi).
Un altro fattore ampiamente studiato può essere ravvisato nella peculiare relazione tra nobiltà e borghesia esistente in Gran Bretagna. La nobiltà fece propri alcuni valori borghesi, privilegiando l'autorità morale e la rispettabilità piuttosto che il fasto e l'apparenza ed evitando di condividere l'universale disprezzo per il denaro e il lavoro che contraddistingueva l'aristocrazia del continente.
Fondamentale fu la forte connotazione scientifica e ancor più empiristica e pragmatica che contraddistingueva il mondo intellettuale britannico fin dal Cinquecento. L'atteggiamento empiristico, antiscolastico e alieno all'astrattezza produsse una propensione alla scienza sperimentale e ancor più all'applicazione pratica delle conoscenze scientifiche.
TRANSISTOR, SILICON VALLEY, INTERNET
Per buona parte del Ventesimo secolo, il paradigma prevalente dello sviluppo considerava che lo Stato avesse un ruolo preponderante nel progresso e nello sviluppo scientifico e tecnologico. Ciò nonostante, vi sono numerosi esempi della capacità dell'iniziativa privata di realizzare progressi scientifici e tecnici di assoluto rilievo, come dimostra il caso del transistor. Questo fondamentale progresso per lo sviluppo tecnologico più importante degli ultimi cinquant'anni non è stato realizzato da un dipartimento statale sulla base di un'accorta pianificazione del futuro, ma da tre fisici americani nei laboratori di un'azienda privata, i Bell Telephone Laboratories, nel 1947 (tra l'altro, i ricercatori dei Bell Labs hanno realizzato il laser e il sistema operativo UNIX).
L'iniziativa privata ha avuto un ruolo essenziale nello sviluppo del luogo che rappresenta in progresso tecnologico per antonomasia, Silicon Valley. Si può dire che Silicon Valley sia nata per iniziativa di Frederick E. Terman, ricercatore presso l'Università di Stanford. Nel 1951 Terman guidò la creazione dello Stanford Industrial Park (oggi Stanford Research Park), che concedeva terreni dell'università esclusivamente ad aziende attive in settori ad alta tecnologia. Il parco industriale era il seme dal quale sarebbe nata Silicon Valley. Negli anni Ottanta si passò dalla realizzazione di semiconduttori alla produzione di computer, quindi allo sviluppo di software e al commercio su Internet. L'aspetto immutato fu l'intraprendenza degli abitanti del luogo: gli allievi di Stanford continuavano a fondare un centinaio di aziende all'anno; gli imprenditori che avevano avuto fortuna spesso si trasformavano in investitori in piccole aziende appena nate, perpetuando il sistema che aveva prodotto il loro successo.
Un altro eccellente esempio di innovazione tecnologica nata per iniziativa statale, ma che ha assunto un carattere distintivo solo grazie all'apporto dell'iniziativa privata è rappresentato da Internet.
Internet nacque dal tentativo di collegare le svariate reti militari e di ricerca in America e in Europa. Negli anni Ottanta la ricerca nel settore venne allargata ad altri enti federali, tra cui la NASA e la National Science Foundation (NSF). La crescita dei servizi e delle applicazioni ha prodotto una rapida commercializzazione di internet. Nel 1988 venne collegato per la prima volta ad Internet un servizio di e-mail commerciale. Ben presto vennero approvate altri collegamenti del genere e il traffico su internet iniziò ad esplodere.
All'inizio degli anni Novanta i servizi di rete commerciali, ormai ampiamente disponibili, risultavano ormai meno costosi rispetto al finanziamento di servizi di rete dedicati.
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