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10.
L'Algeria.

Ecco quattro oratori che si disputano la tribuna. Parlano prima tutti allo stesso tempo, poi uno dopo l'altro. Cosa hanno detto? molte belle cose indubbiamente sulla potenza e la grandezza della Francia, sulla necessità di seminare per raccogliere, sul luminoso futuro della nostra colonia gigantesca, sul vantaggio di versare lontano l'eccesso della nostra popolazione ecc., ecc.; parti splendide di eloquenza, sempre decorate di questa perorazione: "Votate cinquanta milioni (più o meno) per costruire in Algeria porti e strade, per trasportarci dei coloni, costruire loro case, dissodare loro i campi. Con ciò avrete alleviato il lavoratore francese, incoraggiato il lavoro africano, e fatto fruttificare il commercio marsigliese. È tutto profitto". 

Sì, ciò è vero, se si considerano i cinquanta milioni soltanto a partire dal momento in cui lo Stato li spende, se si osserva dove vanno, non da dove vengono; se si tiene conto soltanto del bene che faranno uscendo dalla cassa dei gabellieri e non dal male che si è prodotto, né del bene che si è impedito, facendoli entrare; sì, da questo punto di vista limitato, tutto è profitto. La casa costruita in Africa, è quello che si vede; il porto scavato in Africa, è quello che si vede; il lavoro causato in Africa, è quello che si vede; alcune braccia di meno in Francia, è quello che si vede; un grande movimento di merci a Marsiglia, è sempre quello che si vede.

Ma ci sono altre cose che non si vedono. È che i cinquanta milioni spesi dallo Stato non possono più essere spesi, come lo sarebbero stati, da parte del contribuente. Di tutto il bene attribuito alla spesa pubblica effettuata, occorre dunque dedurre tutto il male dalla spesa privata impedita; a meno che si vada fino a dire a che Jacques Bonhomme non avrebbe nulla fa parti del denaro che aveva bene guadagnato e che l'imposta gli rapina; affermazione assurda, poiché se si è dato la pena di guadagnarli, è che sperava di avere la soddisfazione di spenderli. Avrebbe fatto innalzare il recinto del suo giardino e non lo può più, è quello che non si vede. Avrebbe fatto marnare il suo campo e non lo può più, è quello che non si vede. Avrebbe aggiunto un piano al suo casolare e non lo può più, è quello che non si vede. Avrebbe aumentato i suoi strumenti di lavoro e non lo può più, è quello che non si vede. Sarebbe meglio nutrito, meglio vestito, avrebbe meglio fatto istruire i suoi figli, avrebbe aumentato la dote della figlia e non lo può più, è quello che non si vede. Si sarebbe associato alla associazione di mutuo soccorso e non lo può più, è quello che non si vede. Da un lato, i piaceri che gli sono tolti, ed i mezzi d'azione che si sono distrutti nelle sue mani, dell'altra, il lavoro del terrazziere, del carpentiere, del fabbro, del sarto, del maestro di scuola del suo villaggio, che aveva incoraggiato e che si trova distrutto, è sempre quello che non si vede.

Si conta molto sulla prosperità futura dell'Algeria; d'accordo. Ma che si tenga conto anche del ristagno di cui, nell'attesa, si colpisce inevitabilmente la Francia. Mi mostrano il commercio marsigliese; ma se si fa con il prodotto dell'imposta, mostrerò sempre un commercio uguale distrutto nel resto del paese. Dice: "Ecco un colono trasportato in Africa; è un sollievo per la popolazione che resta nel paese". Rispondo:" Come si può questo, se trasportando questo colono a Algeri, vi si trasporta due o tre volte il capitale che lo avrebbe fatto vivere in Francia?". 

Il solo scopo che ho in vista, è di fare capire al lettore che, in ogni spesa pubblica, dietro il bene evidente, c'è un male più difficile da distinguere. Per quanto sta in me, vorrei fargli prendere la abitudine di vedere uno e l'altro, e di tenere conto di tutti e due. 

Quando una spesa pubblica è proposta, occorre esaminarla in essa stessa, a prescindere dal presunto incoraggiamento che ne risulta per il lavoro, poiché quest'incoraggiamento è una chimera. Ciò che fa a tale riguardo la spesa pubblica, la spesa privata lo avrebbe fatto ugualmente. Dunque l'interesse del lavoro è sempre fuori causa.

Non entra nell'obiettivo di questo scritto il valutare il merito intrinseco delle spese pubbliche applicate all'Algeria. Ma non posso non prendere in considerazione un'osservazione generale. È che la presunzione è sempre sfavorevole alle spese collettive mediante imposta. Perché? Ecco: inizialmente la giustizia ne soffre sempre un poco. Poiché Jacques Bonhomme aveva sudato per guadagnare il suo biglietto da cento soldi, in attesa di una soddisfazione, è quantomeno increscioso che il fisco intervenga per togliere a Jacques Bonhomme questa soddisfazione e conferirla ad un altro. Certamente, tocca allora al fisco o a quelli che lo dirigono, di dare delle buone ragioni. Abbiamo visto che lo Stato ne dà una detestabile quando dice: con questi cento soldi, farò lavorare degli operai, poiché Jacques Bonhomme (non appena non avrà più la cataratta) non trascurerà di rispondere: Per la miseria, con questi cento soldi, li farei ben lavorare io stesso!.

Questa ragione messa da parte, le altre si presentano in tutta la loro nudità, ed il dibattito tra il fisco e povero Jacques si trova molto semplificato. Che lo Stato gli dica: Io ti prendo cento soldi per pagare il gendarme che ti risparmia di vegliare da solo alla tua sicurezza; per lastricare la via che tu attraversi tutti i giorni; per compensare il magistrato che fa rispettare la tua proprietà e la tua libertà; per nutrire il soldato che difende le nostre frontiere: Jacques Bonhomme pagherà senza profferire parola o mi sbaglio di molto. Ma se lo Stato gli dice: Io ti prendo questi cento soldi per darti un soldo di premio, qualora abbia bene coltivato il tuo campo; o per fare imparare ai tuoi figli ciò che non vuoi che apprendano; o perché il signor ministro aggiunga un centounesimo piatto al suo pranzo; te li prendo per costruire una cascina in Algeria, salvo a prenderti cento soldi in più tutti gli anni per mantenerci un colono; ed altri cento soldi per mantenere il generale che comanda il soldato, ecc., ecc., mi sembra di sentire il povero Jacques esclamare: Questo regime giuridico somiglia molto al regime giuridico delle rapine!. E poiché lo Stato prevede l'obiezione, cosa fa? Rimescola tutto; fa comparire precisamente questa ragione odiosa che dovrebbe essere senza influenza sulla questione: parla dell'effetto dei cento soldi sul lavoro; mostra il cuoco ed il fornitore del ministro; mostra un colono, un soldato, un generale, che vivono su quei cinque franchi; mostra infine ciò che si vede, e finché Jacques Bonhomme non avrà imparato ad osservare ciò che non si vede, Jacques Bonhomme resterà imbrogliato. È per questo che mi sforzo di insegnare a lui a grandi colpi di ripetizioni.

Dal momento che le spese pubbliche muovono il lavoro senza aumentarlo, risulta contro di esse una seconda e grave presunzione di colpa. Muovere il lavoro, è muovere i lavoratori, è disturbare le leggi naturali che presiedono alla distribuzione della popolazione sul territorio. Quando 50 milioni sono lasciati al contribuente, poiché il contribuente è ovunque, alimentano lavoro nei quarantamila comuni della Francia; agiscono nel senso di un legame che trattiene ciascuno sulla sua terra natale; si distribuiscono su tutti i lavoratori possibili e su tutte le industrie concepibili. Mentre se lo Stato, che spilla questi 50 milioni ai cittadini, li accumula e li spende in un punto dato, attira su quel punto una quantità proporzionale di lavoro spostato, un numero corrispondente di lavoratori allontanati dal proprio ambiente, popolazione fluttuante, declassata, ed oso dire pericolosa quando il fondo è esaurito! Ma accade in più questo (e rientro con ciò nel mio argomento): quest'attività febbricitante, per così dire pompata in uno spazio ristretto, colpisce tutti gli sguardi, ed è ciò che si vede; il popolo applaude, si meraviglia per la bellezza e la facilità del metodo, ne richiede il rinnovo e l'estensione. Ciò che non vede, è che una quantità uguale di lavoro, probabilmente più giudizioso, è stata colpita da fermo in tutto il resto della Francia.

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