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Amartya Sen, Globalizzazione e libertà, Mondadori, 2002 pp.160 Euro 14,60

La simultanea presenza, nel nostro mondo, di una degradante miseria per la maggioranza del genere umano e di un'opulenza senza precedenti per pochi privilegiati induce due atteggiamenti, antitetici ma speculari: lo sterile pessimismo di chi ritiene inutile ogni tentativo di cambiare lo status quo e l'inguaribile ottimismo di chi spera che, prima o poi - anche senza sapere come e perché - le cose miglioreranno per tutti. Protestando, pur se in modi talora discutibili, contro il dispiegamento incontrollato su scala planetaria dell'economia di mercato nella sua variante capitalistica, i movimenti no-global ci costringono a riflettere sui valori e sull'etica sottesi all'odierna concezione del "mondo globale". Così Amartya Sen, premio Nobel 1998 per l'economia, prova ad indicare come si possa fare buon uso della liberalizzazione dei rapporti economici e dei risultati del progresso tecnico-scientifico in modo che tutti i paesi, inclusi quelli del Terzo Mondo, possano fruirne per conseguire uno sviluppo adeguato.


Ronald Dworkin, Virtù sovrana, Feltrinelli, 2002 pp.342 Euro 30,00

Insieme a John Rawls e Robert Nozick, Ronald Dworkin è l'artefice del profondo rinnovamento di cui è stata oggetto negli ultimi vent'anni la tradizione della filosofia analitica del diritto.
In questo libro, la posizione del noto filosofo del diritto si caratterizza per il rigore dei suoi argomenti contro la possibilità che un sistema di principi relativi ai diritti del singolo possa essere contraddetto dall'applicazione di criteri dettati dalla preoccupazione per il benessere generale o l'interesse pubblico. Alla base di questa posizione c'è la teoria secondo la quale gli individui sono titolari di diritti fondati su principi - primo fra tutti l'eguale "considerazione e rispetto" - che vengono prima degli obiettivi espressi dalle decisioni politiche. In questo senso, Dworkin sostiene una versione del liberalismo che deriva valori e diritti non dalla nozione di libertà ma da quella di uguaglianza. Ciò sulla base di un "individualismo etico" informato di due concetti umanistici fondamentali: il concetto di pari importanza, per il quale ciascuno deve essere messo nelle condizioni di poter attuare pienamente le proprie aspirazioni, e il concetto di reponsabilità individuale, per il quale ciascuno è responsabile delle scelte che compie a tal fine.


Stefano Massa, NUOVE FORME DI DEVIANZA DEI MINORI E RISPOSTE NORMATIVE, Loffredo Editore, pp.171 € 14,00

Il volume è un interessante studio dedicato alle nuove forme di devianza ai danni dei minori.
L’autore parte dall’analisi di fenomeni tanto attuali quanto scabrosi come la pedofilia telematica, il commercio di materiali pedopornografico via internet e ne valuta attentamente le ricadute sociali e, soprattutto, le risposte normative.
In questo senso vengono messe a confronto la Convenzione Onu in tema di minori, la legge 269/98 (legge anti-pedofilia) ed i più recenti interventi dell’Unione Europea in materia di protezione dei minori: il risultato è un’analisi precisa che riesce ad evidenziare puntualmente sia gli aspetti perfettibili delle varie normative e sia l’efficacia della politica di contrasto intrapresa a livello interno e comunitario.
Il Massa non tralascia di evidenziare quello che è e resta uno dei problemi più gravi e, allo stato insoluti: la mancanza di una organica politica legislativa per evitare la reiterazione di abusi sessuali da parte dei soggetti a rischio.
Non a caso uno dei passaggi più delicati è dedicato al “destino del pedofilo” una volta espiata la pena e tornato in libertà.
Su questo specifico punto a tutt’oggi il Parlamento non ha espresso una chiara scelta, o formulato una linea politica in grado di compendiare i diritti della persona e sicurezza della collettività, e la presenza di questa preoccupante e pericolosa “zona d’ombra” viene più volte segnalata dall’autore, che attualizza la sua ricerca spingendola fino ai primi disegni di legge dell’attuale legislatura.
In definitiva il libro di Massa ha il merito di fornire un approccio chiaro e pragmatico ad una problematica, quella degli abusi ai danni dei minori, di drammatica quotidianità e rappresenta un valido contributo al dibattito scientifico e culturale su un tema che suscita profondo allarme sociale.


C. Monaco, Le ragioni della politica, Società Libera, pp.132 € 13,00

Già alcuni anni fa, Nicola Matteucci, in apertura di un suo celebre saggio, ebbe a richiamare l'attenzione sul cambiamento che stava subendo il liberalismo: una vera e propria perdita di identità nel momento in cui il complesso di idee e tematiche liberali stava risorgendo e tornando attuale. Il pericolo, da lui intravisto allora, fu che si sarebbero presto imposti luoghi comuni e stereotipi di ogni tipo.

A Matteucci si aggiunse Sartori e il richiamo fu identico: "Il Liberalismo è di chi se lo piglia, è diventato un'etichetta che ha perso l'ormeggio". All'epoca l'allarme poté forse apparire eccessivo, ma a distanza di circa 10 anni è chiaro che i due studiosi avevano colto nel segno; oggi, infatti, è palese lo stato di confusione nel quale versa il concetto di liberalismo, che si presenta privo di solidi ancoraggi. Tutti, proprio tutti, lo adottano e sembrano interessati a ringiovanirlo e a rinnovarlo. Un rimedio definitivo a questo stato di cose probabilmente non esiste, ma esiste di sicuro una strategia di contenimento che ogni sincero liberale dovrebbe adottare; favorire cioè un aggiornamento del liberalismo evitando però le interpretazioni eccessivamente "innovative", quelle per le quali, a furia di contrarre matrimoni a destra e a manca, esso finirebbe per smarrire le radici ottenebrando così il significato stesso della sua esistenza.

Ma non è soltanto questo il pericolo che insidia il liberalismo; un'altro, non meno grave, è rappresentato dalla diffusa attitudine semplificatrice che affligge tutt'ora studiosi e politici. E' l'incapacità di valutare - con il giusto equilibrio - le difficoltà che sempre si frappongono tra la realtà e i progetti di riforma ispirati dal desiderio di libertà. Non dunque il prudente accumulo di esperienze, di studi, di ricerche e di confronti, ma la frettolosa ricerca di rigidi nessi logici in grado di isolare, presto e bene, intere porzioni di realtà. Con ciò dimenticando il prezioso ammonimento di Einaudi secondo il quale: "i fatti sono più forti delle false teorie". 

Consapevole di queste difficoltà, e quindi della profonda problematicità della pratica di governo, il libro di Carlo Monaco si rivolge sopratutto ai giovani sempre più disorientati dall'uso disinvolto dei vocaboli fondanti il linguaggio della politica. La chiarezza del ragionamento unita al taglio critico con il quale sono trattati i singoli temi, lo rendono uno strumento assai prezioso; senz'altro in grado di contrastare la molta "aria fritta" che ancora pervade tanti “liberali”. 
E a conferma della bontà dei contenuti sta proprio questa significativa affermazione dell'Autore: " la comprensione...è tutt'uno con il tentativo di capire il senso dei comportamenti umani che è più complesso di ogni schematismo ideologico e dottrinario" (p.104).

Invitandoci a ragionare, a osservare e a valutare la distanza tra i nostri desiderata e la realtà, quest'agile libretto ci fa scuola di realismo ricordandoci - come sottolinea Vincenzo Olita nell' introduzione - che occorre :"riflettere non solo sulle affermazioni, ma anche sugli insuccessi del liberalismo, sulle difficoltà che esso incontra nel radicarsi, innanzi tutto, sul versante culturale e della sensibilità collettiva, ancor prima della sua praticabilità politica" (p.5) 

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