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MERCOLEDI' 17 GIUGNO 2015, ORE 18

Assolombarda
Sala Falck
Via Chiaravalle, 8 - Milano

LIBERALIZZAZIONI UN'INCOMPRESA NECESSITA'

13° Rapporto sul processo di liberalizzazione della società italiana

INTRODUCE

Vincenzo Olita - Direttore Società Libera

NE DISCUTONO

Guido Gentili - Editorialista Il Sole 24Ore
Piero Ostellino - Editorialista Il Giornale
Giorgio Ragazzi - Università di Bergamo
Marco Vitale - Economista d'Impresa

Tra gli effetti deleteri prodotti dalla crisi economica vi è sicuramente la riscoperta, particolarmente percepita dalla pubblica opinione, del positivo ruolo dello Stato nella sfera economica, è un aspetto inquietante a dimostrazione della crisi, prima di tutto culturale, che il liberalismo sconta nel Paese. L'appartenenza delle imprese alla proprietà pubblica serve l'interesse generale meglio della proprietà privata. E’ questa una convinzione fideistica, storicamente non dimostrabile, né suffragata da positivi risultati, allo stesso modo della convinzione che individua in una corposa attività legislativa il rimedio per ogni patologica situazione o devianti comportamenti. E’ la presunzione fatale del positivismo.
Altrettanto chiara è la valutazione complessiva sul processo di liberalizzazione che ha interessato marginalmente il Paese. Tutto accettabile e condivisibile? Certamente no. Un esempio, il cosiddetto mercato libero dell’energia: passare da un gestore all’altro, in una città come Roma, significa entrare in un girone infernale tale da far rimpiangere il vecchio regime di monopolio. Il palleggiamento, interessato, tra i due gestori, dovrebbe essere oggetto d’intervento della magistratura e, certamente, non additabile come un riuscito esempio di liberalizzazione.
Società Libera sostiene che un percorso di liberalizzazione, con le relative indispensabili privatizzazioni e l’alienazione di società di proprietà degli Enti locali, asse portante del capitalismo municipale, è utile a ridurre lo stock del debito, rendendo più snello e produttivo l’apparato pubblico non solo perché ne avremmo qualche vantaggio in termini di costi sociali ed individuali, se una libera concorrenza diminuisse i prezzi soprattutto dei servizi, ma anche perché si offrirebbero maggiori chance alle libertà individuali.


Le pubbliche amministrazioni possiedono la maggior parte delle aziende produttrici di servizi locali. Capitalismo municipale è il nome che viene dato a questo fenomeno; è stato appurato e verificato che le aziende che ad esso fanno capo forniscono servizi di peggior qualità e di maggior costo rispetto a quelle di proprietà privata operanti in regime di concorrenza. Molte delle aziende pubbliche sono cronicamente in perdita e gli enti proprietari sono costretti a ricapitalizzarle attingendo alla fiscalità locale. Dei danni arrecati dal capitalismo municipale parte dell'opinione pubblica non è consapevole perchè succube del luogo comune secondo il quale proprietà pubblica delle imprese significherebbe salvaguardia dell'interesse generale, in contrapposizione a proprietà privata che proteggerebbe solo gli interessi privati. Un equivoco fomentato da visioni ideologie e da interessi politici. Questa pericolosa amalgama di potere è il modello di governo di fatto meno liberale che si possa immaginare per una società democratica. Un modello su cui Società Libera vuole avviare una riflessione e un ragionamento, affinché si avvii una concreta campagna per sradicare questo regime che detiene larga parte del potere politico, economico ed amministrativo e che non consente all’Italia di essere un’efficiente società aperta.

IL RAPPORTO E' STATO REDATTO DA: Andrea Bitetto, Stefania Fuscagni, Sergio Mattia, Alessandra Pandolfi, Carlo Arrigo Pedretti, Riccardo Pedrizzi, Giuseppe Pennisi, Marco Ponti, Giorgio Ragazzi, Francesco Ramella, Marco Romano, Ernesto Savona, Lucia Tanti

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