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SALVATORE VECA

Genova, 01.05.1998

Domanda: Professor Veca, quali furono - a parte quelli che in maniera molto sintetica esplicita nella Nota premessa alla nuova edizione di Miseria dello storicismo (1997) - i motivi che la spinsero, a metà degli anni settanta, a suggerire ad una casa editrice di sinistra come la Feltrinelli, una nuova traduzione della popperiana Miseria dello storicismo?

Risposta: Le ragioni personali, per così dire di autobiografia intellettuale, sono presto dette. In quegli anni io stavo lavorando ad una critica del marxismo, che poi pubblicai nel 1977 [cfr. SALVATORE VECA, Saggio sul programma scientifico di Marx, Il Saggiatore, Milano 1977], mentre nel 1973 avevo pubblicato il mio primo libro su Marx, ed ero profondamente insoddisfatto. Data questa insoddisfazione, mi ero avvalso di due punti di riferimento: uno era Max Weber, e l'altro era Popper. Io conoscevo molto bene Ferdinando di Fenizio, che aveva fatto uscire la prima edizione italiana della Miseria dello storicismo per i tipi dell'Industria.
Io avevo studiato su quel testo edito da di Fenizio e mi ricordo che ne discussi con lui. Di Fenizio era stato in Bocconi ed era professore di Scienza delle finanze a Milano. Era del gruppo di Pavia, dove c'erano i grandi scienziati delle finanze. A quel punto Miseria dello storicismo per me fu decisiva. Ciò si vede nel libro del 1977, in cui io feci i miei conti col marxismo da sinistra. Questo va detto, perché adesso magari fa ridere, ma nel 1977... - l'ho anche scritto in un volumetto che ho pubblicato recentemente, Della lealtà civile -, allora era buffo che uno di sinistra prendesse sul serio Popper, era considerata strana come cosa. Ma io ero convinto che Popper avesse individuato un punto incontrovertibile. Ed allora il mio problema era: che cosa si può tenere, che cosa resta di Marx, una volta che si accetta la tesi centrale di Popper. E la mia risposta in due parole era analoga a quella di Popper nella Società aperta e i suoi nemici. Egli infatti ha uno strano atteggiamento che è benevolo e simpatetico con Marx...

D. ...un rapporto di amore/odio...

R. ...appunto, è la sua storia, no? Per questo il suo atteggiamento nei confronti di Marx si distingue da quello tenuto nei confronti di Hegel. E allora la mia risposta fu che Marx aveva individuato alcuni grandi problemi che ci siamo posti e che continuiamo a porci. E tuttavia l'insieme delle sue risposte era condannato dall'impiego dello storicismo nel senso popperiano. Questa è la ragione per cui ci tenni molto che lo facesse Feltrinelli, anche se dovetti impiegare parecchia fatica.

D. Sì, posso immaginare. Il professor Antiseri ha sostenuto, e continua a sostenere, che in Italia la filosofia politica di Popper, e Popper in generale, siano stati oggetto non solo di un ostracismo, ma di una vera e propria congiura, seppure non intenzionale. Lei ritiene che il Suo caso possa in qualche misura smentire questa tesi di Antiseri?

R. In un certo senso Antiseri ha ragione. Non è il mio caso, però ha ragione. Tuttavia bisogna considerare anche il momento storico-culturale. Devo dire che La società aperta e i suoi nemici era stata recensita da Bobbio. Tuttavia si trattava di un libro che, secondo me, non è il più felice tra quelli di Popper. In effetti è un libro, è un enorme pamphlet, scritto in un momento della tragedia, non so come dire, invece Miseria dello storicismo è un piccolo capolavoro...

D. ...è più breve, ma anche più sistematico...

R. Eh sì. Allora in un certo senso ha ragione Antiseri, salvo che nel mio caso. Il carattere meno sistematico della Società aperta, la sua forte connotazione ideologica, ne favorì la rimozione.

D. Un'altra domanda. Che fortuna ebbe la sua proposta. Insomma, una volta uscito il libro...

R. Il libro ha avuto un andamento curiosissimo: all'inizio passò praticamente inosservato. E poi ha cominciato, dopo quattro anni che era stato pubblicato, ad imporsi all'attenzione degli studiosi, e ha continuato a fare riedizioni. In qualche modo il mio libro Saggio sul programma scientifico di Marx - non vorrei ora vantare i miei meriti - lavoro in cui uno degli autori è Popper, ha precorso i tempi, e si tratta di un libro scritto da uno che in quegli anni era nel partito comunista. Da allora molto è cambiato, ho partecipato alla battaglia per il cambiamento del nome... Diciamo che allora eravamo rara avis, ecco.

D. Adesso ancora un'ultima questione, che può sembrare poca cosa, una curiosità personale che nasce spontanea in chi si è occupato della fortuna della filosofia politica di Popper. Nella prima edizione Feltrinelli della Miseria dello storicismo, nella quarta di copertina compare una nota di Carlo Montaleone che si conclude con una frase che afferma che la critica di Popper a Marx è sostanzialmente una critica ideologica. Questa frase ha suscitato i sarcasmi e l'ironia di Marcello Pera, che sostenne che essa rassomigliasse ad un'avvertenza per bambini scemi del tipo di quelle che si mettono sulle confezioni di medicinali. Questa frase è stata poi tolta fin dalle prime ristampe della Miseria dello storicismo. Come mai? C'è qualche motivo particolare?

R. No! Devo dire che si è trattato di un esempio di quello che dicevamo, un sintomo del clima dell'epoca...

D. Montaleone, cioè, aveva già da allora una posizione molto diversa dalla Sua?

R. Credo di sì!

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