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"Società Libera Informazione" n. 2 - 21 febbraio 2000

* AGENDA

CIRCOLO DI BOLOGNA:
- Conferenza Stampa - Sabato 26 Febbraio ore 11:00 Nicola Matteucci e Alessandra Servidori, presentano il Circolo di Bologna - Oratorio della Chiesa della Vita - Via Clavature, 8.
 Sabato 4 Marzo ore 17,00 Sala Conferenze Baraccano Via S. Stefano, 119. Il Liberalismo oggi: visto da destra e da sinistra. Conversazione con Augusto Barbera - Furio Bosello - Angelo Panebianco.

MILANO:
Proseguono gli incontri della Scuola di Liberalismo. Venerdì 3 Marzo Nicola Iannello - "Le nuove frontiere della libertà: la sfida degli anarcocapitalisti" - ore 18,00 European School of Economics - Via Edmondo De Amicis, 54.

PIACENZA:
Nel mese di febbraio, ogni lunedì alle ore 18, l'Associazione liberali piacentini "Luigi Einaudi" organizza presso l'Auditorium di via Santa Margherita 12 una serie di appuntamenti volti a presentare le tesi del pensiero libertario contemporaneo. Il 7 febbraio intervengono Leonardo Facco e Alberto Mingardi, il 14 Guglielmo Piombini (che parla di ecologia di mercato) e il 21 Nicola Iannello (il cui tema è la "nazione per consenso"). Il 28 febbraio il ciclo sarà chiuso da Carlo Lottieri, che presenterà l'etica sociale di Rothbard e Hoppe.

* LIBRERIA

In difesa del capitalismo
Scrittrice di romanzi di straordinario successo e autrice di note sceneggiature, Ayn Rand è nota ai liberali soprattutto per i suoi scritti di teoria politica in difesa dell'individualismo e del libero mercato. Fino a ora, però, nessuna opera filosofica di questa russa fuggita al bolscevismo e destinata a diventare una delle figure più rappresentative dell'America liberale del XX secolo era stata mai tradotta in italiano. E' doveroso quindi esprimere un sincero apprezzamento per questa traduzione di The Virtue of Selfishness, opera importante che ha condizionato l'evoluzione di pensatori come Murray, Rothbard, Nozick, Douglass, Rasmussen, Machan. Provocatorio, di agevole lettura e destinato a sorprendere e affascinare, il volume colma un vuoto e contribuisce ad avvicinare ai temi e ai dibattiti dell'universo culturale americano. Ayn Rand, La virtù dell'egoismo, Macerata, Liberilibri, 1999
(ama@liberilibri.it).
La razionalità dell'economia
Pubblicato per la prima volta nel 1914, questo saggio di uno dei padri fondatori del liberalismo austriaco (tra cui nomi maggiori vi sono quelli di Hayek, Mises, Rothbard e Kirzner) vuole evidenziare il ruolo delle norme nella vita sociale ed economica. Ogni interazione e ogni decisione, allora, non può prescindere dal quadro giuridico, morale e da quell'insieme di leggi naturali che condizionano le iniziative degli imprenditori e dei consumatori. Mentre i politici continuano a illudersi di poter plasmare a proprio piacere la realtà, il "realista" Böhm-Bawerk evidenzia quali vincoli vi siano alle ambizioni e ai sogni di ogni pianificatore e di ogni utopista. Eugen von Böhm-Bawerk, Potere o legge economica?
Rubbettino, 1999 (Rubbettino@boot.it).
élites, 1999, n.2
È da alcune settimane in libreria l'ultimo numero della rivista "élites", periodico di cultura politica (diretto da Mauro Maldonato) e particolarmente attento agli sviluppi della teoria federale e alle evoluzioni del liberalismo "austriaco". Nata per valorizzare le più vivaci espressioni della cultura meridionale di oggi e del passato e affrontare i vizi di una società malata di assistenzialismo, élites è rivista che guarda ben al di là di Napoli e del Mezzogiorno. Questo numero ne è l'ennesima riprova come testimoniano gli articoli di Alessandro Vitale sui limiti concettuali del cosiddetto "decentramento" amministrativo (da non confondersi con l'autentico federalismo), di Raimondo Cubeddu sul liberalismo post-hayekiano e di Marco Dotti sul rapporto tra "diritto" e "statualità" (e-mail: elites@guida.it).

* LA RECENSIONE
AA.VV., Piccola Antologia del pensiero liberale, a cura di L.M.Bassani e C. Lottieri, Milano, Società Aperta, 1999 pp.101 L.10.000 (tel. 02/97295339; e-mail: fgagora@tin.it).
Già alcuni anni fa, Nicola Matteucci, in apertura di un suo celebre saggio, ebbe a richiamare l'attenzione sul cambiamento che stava subendo il liberalismo: una perdita di identità nel momento in cui idee e tematiche liberali stavano risorgendo e tornando attuali. Soltando un anno dopo, a Matteucci si aggiunse Sartori e il richiamo fu identico. " "Liberalismo" è di chi se lo piglia, è diventato un'etichetta che ha perso l'ormeggio". All'epoca l'allarme poté forse apparire eccessivo, ma a distanza di circa otto anni è chiaro che i due eminenti studiosi avevano colto nel segno: oggi, infatti, è palese lo stato di confusione nel quale versa il concetto di liberalismo, che si presenta privo di un solido ancoraggio. Tuttavia, grazie al continuo lavoro di interpretazione, il liberalismo ha potuto individuare e fissare alcuni temi centrali che ne costituiscono l'ossatura: l'esaltazione del governo rappresentativo e la difesa dei diritti dei cittadini contro gli abusi del potere. Abusi che possono essere contrastati attraverso una struttura costituzionale fondata sulla divisione dei poteri e un assetto economico di mercato, l'unico in grado di dar vita ad un diffuso sistema di contropoteri. Queste poche, ma grandi veritá del liberalismo; sono condensate nella facile e breve antologia del pensiero liberale curata da Marco Bassani e Carlo Lottieri, sopratutto concepita per i giovani e i lettori non specialisti con lo scopo di favorire il dialogo circa il patrimonio di idee e di soluzioni fornite dalla cultura politica liberale.
GIANCARLO PAGANO [pubblicata in forma più ampia su "LIBRO APERTO" ottobre-dicembre 1999

* COMITATO SCIENTIFICO
IL DISPOTISMO DELLE REGOLE di Raimondo Cubeddu
La distinzione tra dispotismo e costituzionalismo è un problema fondamentale della teoria politica perchè concerne la natura e la funzione delle regole in una società libera e complessa. Per il dispotismo le regole sono degli strumenti per ottenere in tempi brevi comportamenti o risultati che si ritengono auspicabili. Per il costituzionalismo le regole debbono avere una valenza universale ed astratta, e non possono essere intese come strumenti per ottenere risultati specifici (se non quelli di garantire i diritti individuali), o per colpire singoli individui, parti sociali o movimenti politici. Molto spesso, inoltre, l'eccedenza di regole, anzichè favorire il conseguimento dei fini ha l'effetto di rallentarlo. Nel caso italiano abbiamo molti e gravi problemi concreti da risolvere: il crollo della competitività di quello che con grande enfasi veniva fino a pochi anni fa definito "sistema Italia", lo strapotere sindacale, il sistema previdenziale, l'alto livello di tassazione che scoraggia l'iniziativa privata, etc., ma molti continuano a pensare che il modo migliore di risolverli sia quello di aumentare ancora il numero delle regole. Per molti politologi si ha un regime totalitario quando l'invadenza dello stato, della sfera pubblica, o della legislazione è tanto estesa da non consentire agli individui di segliere e di raggiungere le finalità soggettive sia nell'ambito dei diritti civili, sia nell'ambito della sfera economica. Fino a non molti anni fa si riteneva comunemente che il maggior pericolo in tale direzione fosse rappresentato dal possesso statale dei mezzi di produzione. Ma che il problema non sia così semplice lo mette in luce non un politologo liberale, ma un grande letterato del XX secolo, Franz Kafka. A chiarire che il pericolo del totalitarismo non poteva essere scongiurato semplicemente togliendo alla stato la proprietà dei mezzi di produzione è una sua battuta, indirizzata a coloro che "non hanno ancora capito che, oggigiorno, le catene dei popoli sono fatte con la carta dei ministeri". Se dovessimo chiederci se le "carte di ministeri", che son state così copiosamente emesse in questi anni, hanno contribuito ad allargare gli spazi di libertà individuale o ad incrementare la competitività e l'efficienza delle imprese, la risposta difficilmente potrebbe essere positiva. Il totalitarismo, inteso come accelerazione di un processo politico e sociale che si ritiene auspicabile tramite l'uso di strumenti coercitivi, è un male endemico della vita politica che non può essere scongiurato producendo più leggi e regolamenti. Anzi, se emanati dal potere politico, poichè richiedono tempo per essere conosciuti, compresi e rettamente applicati, essi non solo riducono la percentuale di tempo che si ha a disposizione, ma anche la libertà individuale. Inoltre più sono le leggi, maggiore è l'incertezza. E nulla, come indicano le attuali condizioni del nostro sistema economico, mostra che l'abbondanza di leggi ne abbia favorito l'efficienza e la competitività. Bisogna perciò prendere atto del fatto che dosi smisurate di norme possono uccidere la vitalità di una società. A giudicare dai fatti, tutta l'inflazione normativa che si è avuta in questi decenni non ha prodotto, per dirla in gergo economico, che "esternalità negative" e accresciuto i "costi di transazione". Dalla scuola alla Bassanini, dal Tfl alla disciplina del lavoro, non si può certo dire che l'incremento delle normative abbia prodotto i risultati attesi . Tutto questo ha a che fare col problema delle forme contemporanee del "male endemico" della politica. I sistemi totalitari erano notoriamente inefficienti perchè i fini che si proponevano di raggiungere erano in realtà irraggiungibili, anche con l'uso della coercizione. L'abbondanza di regolamenti che li caratterizzava non ha facilitato il loro conseguimento. Ecco, ci stiamo pericolosamente avviando verso una situazione in cui, tra tasse e regole da osservare, gli spazi di libertà per gli individui e per le imprese tendono a ridursi senza che se ne avvertano i vantaggi. Non bisogna quindi pensare che l'eccesso di regole uccida soltanto la concorrenza e renda impossibile l'efficienza di un sistema economico. Occorre prendere anche atto del fatto che l'eccesso di regole, soprattutto di quelle che il potere politico produce per realizzare gli obiettivi che ritiene auspicabili, ma che in realtà sono irragiungibili, può rendere impossibile la stessa esistenza di una società libera.

* ECOFORUM
Uno dei Forum più frequentati è stato quello sull'educazione e sul finanziamento della scuola privata, tema che in Italia resta ancora troppo ancorato a visioni monopolistiche e statalistiche. Non è mancato, comunque, qualche richiamo alla prudenza circa l'utilizzo del termine "monopolio" che non tiene conto della complessità dei problemi e della difficoltà di trovare possibili soluzioni. Un altro punto discusso è stato quello della libertà degli insegnanti, la cui autonomia risulterebbe praticamente inesistente: il docente della scuola italiana potrebbe essere paragonato a una sorta di vassallo in un sistema di stampo feudale. A seguito di questa affermazione è stato segnalato un articolo di Angelo Panebianco sul "Corriere della Sera" del 25 novembre '99 a proposito dell'autonomia universitaria. Un'osservazione interessante è stata poi fatta circa il finanziamento della scuola privata: il dibattito sarebbe tuttora viziato dall'assenza di standards qualitativi che impediscono qualsiasi tipo di valutazione se non quella fondata sulla proprietà. L'indicazione che se ne ricava è la necessità che i liberali, in materia di educazione, sviluppino, una sensibilità meno inquinata da pregiudizi ideologici e più attenta ai problemi concreti. Il richiamo acquista maggior rilievo anche alla luce di un più ampio intervento che ha inteso sottolineare quanto sia fuorviante l'identificazione, ancora oggi assai diffusa, fra scuola statale e scuola pubblica in opposizione alla scuola privata.

* IL FRAMMENTO
"L'analfabetismo del giorno d'oggi non è solo la incapacità di leggere e scrivere. Se dovessimo darne la definizione più concisa possibile potremmo dire che consiste nell'incapacità di comprendere gli elementi fondamentali di un sistema o della complessità di un lavoro".
da:G.Sartori, Come sbagliare le riforme, Bologna,il Mulino, 1995 p.64

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