L'Europa e il futuro della politica
IL PRINCIPIO DI SPECIALITÀ COME PARAMETRO DEL REGIONALISMO NEL DIRITTO COMPARATO
Peter Pernthaler
1. LA TRATTAZIONE FUNZIONALE DI FEDERALISMO E REGIONALISMO. Tradizionalmente, nella dottrina costituzionalistica, gli stati membri di una Federazione e le autonomie regionali all'interno di uno Stato unitario vengono sostanzialmente considerati come differenti tipologie del concetto di autonomia. Nella presente analisi, entrambi i sistemi verranno ricompresi nell'unico concetto di "federalismo funzionale", nella misura in cui gli enti territoriali soddisfacciano determinati requisiti minimi di autonomia giuridica e politica: innanzitutto, l'autonomia deve essere costituzionalmente o internazionalmente garantita; deve prevedere l'attribuzione di proprie competenze nell'ambito delle funzioni pubbliche; consentire l'esercizio delle funzioni legislative, amministrative ed, eventualmente, anche giurisdizionali ed assicurare le dotazioni finanziarie a ciò necessarie; deve, inoltre, possedere un proprio sistema democratico e, su tale presupposto, non soltanto formulare autonomamente i propri obiettivi politici volti alla realizzazione del bene comune ed esercitare un proprio responsabile controllo, ma anche essere capace di partecipare attivamente ai meccanismi cooperativi a livello(inter-)regionale, centrale e, possibilmente, internazionale.
Una tale autonomia regionale - indipendentemente dalla sua natura giuridica - corrisponde, oggigiorno, ad un comune ed esteso "standard federalistico"e può, pertanto, essere messa a confronto con quella di altre regioni europee nell'esercizio delle loro funzioni, entrare in un rapporto di cooperazione con loro e, in questo modo, condividere il complesso sistema del regionalismo europeo, per poi svilupparlo ulteriormente.
Il concetto funzionale di federalismo trascende il dato normativo (meramente) interno, perché non si fonda soltanto sulla considerazione dei diversi sistemi nazionali, ma tiene in conto anche elementi di diritto internazionale e sovranazionale, specie in quanto essi costituiscano il fondamento o la garanzia dell'autonomia.
Nei limiti del possibile, pertanto, poiché i diversi livelli di analisi sono oggi fortemente integrati tra loro, si cercherà, in questa sede, di prescindere dai diversi approcci della dottrina costituzionalistica, comunitaristica ed internazionalistica, che, finora, si sono fondati su strutture concettuali distinte.
2. LA DISTINZIONE TRA FEDERALISMO OMOGENEO ED ASIMMETRICO. Si può parlare di federalismo omogeneo quando l'uguaglianza tra i sottosistemi autonomi (siano essi Stati, regioni o stati membri di una Confederazione) viene generalmente accettata. Sul piano internazionale, tale uguaglianza risulta garantita agli Stati - almeno formalmente - grazie alla loro sovranità; anche per ciò che concerne gli stati membri di una Federazione, la dominanate dottrina pubblicistica considera la loro sovranità come un elemento strutturale del federalismo in sé, di cui, tra l'altro, possono darsi soltanto sporadiche eccezioni.
Al contrario, per quanto concerne il regionalismo - specie in un'ottica comparata europea - l'elemento strutturale prevalente sembra essere l'eterogeneità delle regioni relativamente alle loro competenze e funzioni e, anche nell'ambito dei singoli sistemi di decentramento, si incontrano facilmente differenziazioni e asimmetrie nei sottosistemi cosiddetti autonomi (regioni o amministrazioni locali). Del tutto diversa è la garanzia internazionale dell'autonomia regionale: in quanto fondata esclusivamente su trattati, la sua connotazione giuridica è del tutto individuale, e soltanto per grandi linee si potrà procedere ad una comparazione tra istituti che presentino elementi strutturali simili tra loro: si pensi, a titolo esemplificativo, alla tutela delle minoranze.
Il concetto di federalismo asimmetrico (o di stato federale differenziato) definisce, di regola, quelle combinazioni tra le strutture federali di tipo omogeneo, al cui interno coesistono elementi giuridici decisamente atipici, e le funzioni dei singoli ed autonomi sottosistemi statali che si giustificano per la loro peculiare posizione geografica, per la particolare struttura socio-politica_o per tipici presupposti (etnico) nazionali.
3. IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ COME FONDAMENTO DI OMOGENEITÀ E ASIMMETRIA DELLE AUTONOMIE. Seppur considerato nella sua valenza di vero e proprio elemento paradigmatico, il principio di sussidiarietà non riesce, comunque, ad offrire alcuna soluzione unitaria in materia di omogeneità o asimmetria delle autonomie all'interno di un sistema decentrato, a prescindere dalla connotazione "federale" o "regionale" che si voglia attribuire allo stesso.
A determinare quali funzioni pubbliche debba assolvere il sottosistema sono, piuttosto, la sua particolare natura, la sua concreta efficienza, le sue particolari esigenze e, non da ultimo, l'espressione politica dei suoi interessi: la totalità di questi elementi permetterà anche di valutare e confrontare tali compiti, autodeterminati, con l'interesse collettivo dell'intero sistema federale, il quale, a sua volta, è da definire secondo altrettanti criteri politici: il tutto nel rispetto della proporzionalità e ragionevolezza, della funzionalità nell'efficienza dei vari livelli e della tolleranza nei confronti delle minoranze.
Con questi presupposti, si avranno tipologie di autonomia totalmente differenziate, proprio perché singolarmente incardinate sulle peculiarità di base dei relativi sottosistemi e perché costituite con finalità distinte: l'autonomia, intesa quale espressione della vita politica di un popolo o di un gruppo etnico o linguistico, necessita di competenze assolutamente diverse da quelle che, ad esempio, servono ad un'isola per dare forma concreta ad un'indipendenza fondata su precisi elementi storici o geo-politici o da quelli che servono a paesi come la Germania o Austria, notoriamente caratterizzati per la loro omogeneità.
Ne deriva che l'esigenza di omogeneità in chiave federale si avverte, in primo luogo, per quei princìpi strutturali, di ordine democratico e costituzionale, che sorreggono i sottosistemi politici; non di meno, comunque, tale uniformità dovrà valere per quei diritti di partecipazione di cui questi ultimi dispongono nella gestione del sistema federale nel suo complesso.
Al contrario, invece, è auspicabile una certa differenziazione nella concreta attribuzione di compiti e pubbliche funzioni a questi sottosistemi, poiché vanno tenute in debito conto le relative peculiarità di ordine etnico, linguistico, sociale, economico, religioso e di altro genere ancora: peculiarità che rappresentano l'effettivo fondamento della relativa autonomia. Da ultimo, non si dimentichi che l'asimmetria ha modo di manifestare la sua costante valenza ogniqualvolta si tratti di organizzare stati multinazionali o di proteggere minoranze etniche, religiose o linguistiche: ambiti in cui persino il principio di uguaglianza potrebbe, già di per sé, costituire il fondamento della specialità; a maggior ragione, ciò vale per il diritto (interno) di autodeterminazione, il quale rappresenta, a tutti gli effetti, il fondamento per l'autonomia regionale dei gruppi etnici.
4. L'ASIMMETRIA COME STRUTTURA PORTANTE DEL REGIONALISMO EUROPEO. Attualmente, il regionalismo europeo è una realtà che non può essere trascurata nella costruzione dell'integrazione comunitaria. Solo col Trattato di Maastricht, per la prima volta, le regioni sono state inserite nel contesto organizzativo e decisionale della Comunità europea; inoltre, col tempo, esse hanno acquisito una sempre maggiore rilevanza nella pratica attuazione di norme e programmi dell'Unione e del Consiglio d'Europa. La collaborazione interregionale transfrontaliera gode di un indubbio e fondamentale sostegno da parte del Consiglio d'Europa e della Comunità europea; del resto, viene spesso correttamente ricordata l'importanza della legittimazione democratica fornita all'Unione dal livello regionale e dalla sua partecipazione al processo di integrazione.
Uno dei problemi di fondo del regionalismo europeo rimane, comunque, la struttura diversificata degli stessi enti autonomi e, di conseguenza, il loro status negli ordinamenti costituzionali degli stati membri: accanto agli stati membri di ordinamenti federali e alle regioni con una propria autonomia legislativa, si trovano altre regioni che si configurano come meri corpi amministrativi autonomi o come semplici unità di programmazione; in molti stati membri, poi, manca del tutto l'istituto regionale e le amministrazioni locali (i livelli superiori) svolgono funzioni simili a quelle delle regioni.
Questa particolare circostanza ha fatto sì che, nel quadro europeo, regioni e amministrazioni locali dotate di natura giuridica e di attribuzioni assai diverse fossero rappresentate insieme in seno agli organismi comunitari e che, purtroppo, non venisse riconosciuto il giusto peso alle regioni dotate di una propria autonomia legislativa. Di regola, gli enti substatali non dispongono di alcuna capacità d'azione in ambito comunitario; gli Stati centrali debbono, dunque, farsi portavoce anche delle competenze e degli interessi regionali nel processo decisionale degli organismi comunitari (in cui anch'essi godono di un mero diritto di partecipazione), anche se nei diversi ordinamenti variano di molto i vincoli interni per il livello centrale nella trattazione di questioni di interesse regionale in ambito comunitario.
Soltanto se il principio di sussidiarietà verrà esteso anche ai livelli regionali e locali e, di conseguenza, il federalismo asimmetrico diverrà un principio strutturale per l'istituzione e la garanzia di diritti di partecipazione delle regioni europee, potrà cambiare l'attuale vistosa sproporzione tra le funzioni attribuite alle regioni e il loro coinvolgimento strutturale e partecipativo nel sistema costituzionale europeo: infatti, poiché un'uniformità di competenze e strutture delle regioni in Europa non è né plausibile, né tanto meno auspicabile, il loro coinvolgimento nelle istituzioni e nelle procedure comunitarie e del Consiglio d'Europa non potrà che avvenire in modo asimmetrico, ossia tenendo conto delle diversità di funzioni e strutture organizzative tra le diverse regioni.
Le regioni dotate di autonomia legislativa, e le cui competenze corrispondano allo standard federale, dovrebbero, in ogni caso, ottenere una diretta capacità d'azione in ambito comunitario e, nella stessa misura, ricevere le attribuzioni necessarie per potersi integrare nel processo di collaborazione transfrontaliera - soprattutto per l'attuazione dei programmi e delle direttive europee.
Poiché, in molti stati d'Europa, la posizione interna delle regioni si colloca, ormai, in questo quadro prospettico, sembrerebbe fisiologica una tale evoluzione della loro capacità d'azione nel contesto europeo, con riguardo, soprattutto, alla mutevole dipendenza e compenetrazione tra Costituzione nazionale e sovranazionale, secondo il principio di omogeneità costituzionale dell'Unione stessa (Art 6 del Trattato istitutivo dell'Unione): il principio democratico non è più rappresentato, in Europa, soltanto dallo Stato nazionale centralizzato di tipo francese, ma, in un numero sempre crescente di Stati, da un sistema democratico composito e differenziato secondo i parametri del federalismo asimmetrico.
Una legittimazione democratica dell'Unione, attraverso una futura Costituzione comune, non potrà assolutamente trascurare simili strutture di democrazia europea che si snodano secondo moduli federali e non potrà, ancora una volta, prediligere la centralizzazione e la gestione dei processi di integrazione in strutture lontane dai cittadini degli stati membri.
5. FEDERALISMO E REGIONALISMO COME FORME DI TUTELA INTERNAZIONALE DELLE MINORANZE. Al diritto internazionale generale sono del tutto estranei i diritti collettivi delle minoranze e, in particolare, una certa pretesa, da parte delle stesse, di potersi autogovernare all'interno della propria originaria (autoctona) zona di insediamento.
Per contro, nel 19° e 20° secolo si sviluppò, a mezzo di trattati, un concreto sistema di protezione, nel cui ambito la garanzia alle autonomie federali o regionali rappresenta l'espressione più elevata di tutela collettiva delle minoranze. Le istituzioni, singolarmente garantite, dei diversi sistemi politici autonomi e le loro competenze sono disciplinate in maniera assai diversa; il filo rosso che le unisce ed accomuna resta, però, l'intreccio tra il diritto interno e quello internazionale: un'intersezione che garantisce la presenza di strutture federali sui generis.
Grazie al coinvolgimento di Stati terzi nel sistema internazionale o alla conclusione di patti costituzionali tra popoli costitutivi, è anche possibile che si vengano a creare legami assai complessi tra elementi federali e confederali del sistema politico, i quali difficilmente potranno essere ricompresi nelle tradizionali categorie di diritto pubblico.
È alquanto dibattuta, sul piano dogmatico, la questione se la tutela delle minoranze possa conseguirsi anche attraverso la garanzia di un'autonomia regionale corrispondente allo "standard federalistico" o se, invece, il diritto all'autodeterminazione dei popoli sia possibile solo in un sistema federale multinazionale; a mio parere, comunque, se è garantita una sufficiente partecipazione dei diversi gruppi etnici alla determinazione giuridica dell'autonomia, può rispondersi affermativamente.
6. LE REGIONI COME PILASTRI DELLA GLOBALIZZAZIONE. Il diritto internazionale di stampo classico riconosceva soltanto agli Stati la soggettività internazionale, mentre risultavano quasi del tutto esclusi dalle relazioni internazionali gli enti substatali. Questa struttura dei reciproci rapporti internazionali si è, col tempo, fortemente relativizzata: grazie alla globalizzazione, il monopolio statale delle relazioni internazionali ha perso gradualmente di significato perché altri soggetti (organizzazioni internazionali, imprese multinazionali e singoli individui) attivano sempre più frequenti rapporti giuridicamente rilevanti al di là dei confini nazionali.
Anche le regioni sono inserite in queste nuove reti transnazionali di relazioni giuridiche ed economiche ed anche le loro politiche devono adeguarsi: in paricolare, esse devono tenere conto dell'influenza che gli atti e le politiche delle organizzazioni internazionali hanno sulla loro sfera d'azione, ma, per contro, le attività internazionali e transfrontaliere delle regioni svolgono un ruolo sempre più importante nella determinazione del successo o dell'insuccesso della politica regionale nella competizione nazionale ed internazionale.
Se gli enti substatali godono di autonomia costituzionale o legislativa, così risultano particolarmente coinvolti dai sempre maggiori vincoli internazionali in materia di diritti fondamentali, tutela dell'ambiente, sicurezza sociale, conservazione del patrimonio culturale, ecc.
Di fronte ai complessi risvolti che il processo di globalizzazione, sia giuridico che economico, ha manifestato anche nei confronti delle regioni, non si può negare come diventi sempre più ampia la discrepanza tra il grado di coinvolgimento dei loro interessi e la loro - quasi del tutto - assente capacità d'azione. Questo divario costituisce, ormai, una delle sfere più importanti per le future riforme costituzionali negli ordinamenti federali o regionali avanzati.
Soltanto quando alle strutture regionali verrà riconosciuto il dovuto peso anche nella sfera del diritto internazionale, il federalismo asimmetrico potrà divenire, anche in questa necessaria prospettiva, un efficiente modello organizzativo per uno sviluppo dell'autonomia regionale adeguato ai tempi.
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