L'Europa e il futuro della politica
I DIRITTI DELL'UOMO, LA SOVRANITÀ NAZIONALE, LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI FONDAMENTALI E LA COSTITUZIONE EUROPEA
Hasso Hofmann
I. Quando oggi parliamo della costituzione di uno Stato, che consideriamo come Stato di diritto o Stato costituzionale, siamo soliti intendere la sua legge fondamentale. Questa si compone di due parti1. La prima contiene le norme organizzative dello Stato, ovvero le norme sulla forma e sui principi strutturali, sui fini e sui compiti dello Stato, sulle istituzioni e sulle competenze, sulle procedure e sulla cooperazione degli organi supremi dello Stato, che - nell'interesse della limitazione del potere a tutela delle libertà - sono separati l'uno dall'altro negli ambiti classici della legislazione, del governo, dell'amministrazione e della giustizia. L'altra parte regola i diritti fondamentali - più raramente, e comunque in misura ridotta, anche i doveri fondamentali - dei consociati giuridici. Questi, i Rechtsgenossen, non sono però solo i cittadini dello Stato. Infatti, le norme sui diritti fondamentali della costituzione statale discendono dall'idea dei diritti individuali, i quali necessitano di una giustificazione universale, pre- o sovrastatale, non, comunque, meramente statale. Di conseguenza i cataloghi dei diritti fondamentali non contengono soltanto diritti di status legati sostanzialmente alla cittadinanza, ma anche diritti individuali, che chiunque può far valere indipendentemente dalla sua cittadinanza, nel caso e nella misura in cui, per il principio di territorialità, si trovi sottomesso al potere di quello Stato. Al pari dei diritti fondamentali dei cittadini, anche i diritti dell'uomo necessitano della tutela e dell'attuazione statale; altrimenti varrebbero ben poco. Tuttavia, la pretesa di validità dei diritti dell'uomo ha un fondamento diverso da quello della costituzione statale: essi non si basano sulla sovranità popolare e sul potere costituente del popolo. Il fatto che tutti gli uomini siano liberi allo stesso modo, siano persone sovrane, padrone di sé stesse, è il presupposto che rende possibile costruire una volonté générale - e non il contrario. Questo ce lo ha già insegnato Rousseau, con Hobbes e Locke alle spalle. D'altra parte, soltanto al di sotto della legge coordinatrice di un potere statale effettivo la libertà individuale si può esplicare in modo efficace e le libertà individuali possono coesistere fra loro. Questo ci è stato insegnato da Kant e dalla storia dello Stato di diritto.
In ciò si evidenza la doppia dialettica dello Stato di diritto o Stato costituzionale:
1. Poteri particolari dello Stato realizzano per ambiti particolari principi universali. I principi universali servono, nella fase delle rivoluzioni illuministe, alla fondazione di poteri particolari dello Stato, che a loro volta non sono concepibili senza l'esclusione di quegli uomini che non appartengono allo Stato. Questi rimangono stranieri, sebbene essi, dal punto di vista dei diritti dell'uomo, siano ugualmente uomini. Appellandosi ai diritti dell'uomo, i sudditi britannici divengono cittadini americani di una nuova comunità statale che tende a delimitare i propri confini. Appellandosi ai diritti dell'uomo, i sudditi della corona francese divengono cittadini della nazione francese, che dapprima si concepisce politicamente aperta, ma poco dopo si chiude a livello spaziale, politico, etnico, linguistico e giuridico2 .
2. Gli Stati costituzionali e di diritto attingono la loro legittimità da due diverse fonti. Da una parte vi è l'idea dei diritti dell'uomo che si sviluppa a partire dalle radici stoiche, poi anche proprie del diritto romano, cristiane, umanistiche ed illuministiche3. Ad essa si oppongono i principi di sovranità popolare, di autodeterminazione nazionale e di potere costituente del popolo4. In tal senso lo Stato costituzionale forma o costituisce - così si preferisce dire - sia una comunità di valori sia una comunità di volontà5. Dal punto di vista della filosofia del diritto, l'autonomia privata e l'autonomia pubblica si considerano come due facce della stessa medaglia6.
Tuttavia la questione non è così semplice. Di fatto il processo rivoluzionario che sul finire del XVIII secolo porta alla fondazione degli Stati e alle costituenti illuministiche, ha inizio nel momento in cui l'uomo si dichiara autonomo, signore del proprio mondo, contro tutti i vincoli politico-sociali tradizionali, contro tutte le pretese di dominio delle autocrazie ed eteronomie precedenti7. Questo è il senso della formula, che ha fatto epoca, di John Locke: life, liberty, property. Se è così, i governi devono il loro potere solo al consenso dei governati e servono prima di tutto alla tutela dei diritti dell'uomo, così come sostiene la Dichiarazione di indipendenza americana. Al popolo appartiene il diritto, come si legge più avanti nella Dichiarazione, di modificare la forma di governo a misura di questo fine, oppure di far decadere il governo ed istaurarne un altro "e di ricostruirlo sulla base di quei principi e di organizzare i suoi poteri in quella forma, che al popolo sembra adatta per garantire la propria sicurezza e felicità". Così la dichiarazione di autonomia fatta dai soggetti della modernità ha in realtà due facce: l'una riguarda la vita individuale e sociale, l'altra si riferisce all'autodeterminazione politica collettiva. E questa autodeterminazione collettiva viene considerata come conseguenza dell'autonomia individuale, che a sua volta viene concepita come fondamento ultimo del mondo giuridico. In tal senso vi è un legame interno tra le due fonti di legittimazione dello Stato costituzionale: tra idea dei diritti dell'uomo e principio di sovranità popolare. Da un punto di vista logico e storico, la formula lockiana radicalmente innovatrice della Dichiarazione di indipendenza americana e la rivoluzionaria Déclaration dei diritti dell'Uomo e del Cittadino, nella Sala della pallacorda di Versailles, precedono tutte le costituzioni francesi.
E tuttavia l'io individuale e l'io collettivo non coincidono; il soggetto dei diritti dell'uomo e il soggetto della sovranità nazionale non sono, chiaramente, identici. Più precisamente: l'autonomia privata e l'autonomia pubblica non si trovano in un rapporto di cerchi concentrici. La trasformazione della volontà individuale in un'identità politica collettiva comporta, piuttosto, problemi numerosi e complessi. Il principio di maggioranza e il coinvolgimento delle minoranze, la rappresentanza e l'identità, la comunità della volontà e la singolarità degli interessi sono alcune voci significative. Storicamente la libertà dell'individuo e il governo del popolo emergono, in un primo momento, attraverso l'insieme che tiene uniti, quel legame che fu tipico della grande Rivoluzione francese: una specie di "rousseauismo diffuso". In seguito l'uomo ha creduto di ritrovare la sua autodeterminazione naturale, ovvero tutto ciò che egli aveva perso nel processo civilizzatore di differenziazione e degenerazione, in una sfera più alta, nella partecipazione empatica alla volontà razionale della sua nazione. La perdita di questa illusione fa storia a sé.
Qui si tratta invece di un altro aspetto della faccenda. Entrambe le parti della costituzione di uno Stato di diritto sono strettamente legate, internamente ed idealmente, nonostante la loro forma profondamente diversa (e nonostante la differente origine della loro forma giuridica8). In particolare esse sono legate da un nesso legittimante, così come lo abbiamo delineato. Eppure la forma esterna può essere slegata dal suo contenuto ideale. In particolare il nesso legittimante può svincolarsi dal fondamento e dalle conseguenze. E proprio questo è accaduto, in modi diversi, in differenti processi storici. Le costituzioni rilasciate dai príncipi degli Stati tedeschi in base all'atto federale del 1815 volevano far valere come unica fonte di legittimazione soltanto il così detto principio monarchico9; di conseguenza garantivano i diritti soggettivi fondamentali solo come diritti dei sudditi. Il termine "diritti dell'uomo" fu aborrito come origine di tutti i mali della rivoluzione. Sul modello della costituzione belga del 1831, le nuove costituzioni nazionali stabilirono poi, in forza dell'autodeterminazione nazionale, contro il principio monarchico, i diritti fondamentali dei membri della nazione10. In tal senso anche la Costituzione della Paulskirche, la costituzione rivoluzionaria tedesca del 1849, non parlava di diritti dell'uomo, ma di "diritti fondamentali del popolo tedesco". Questo nuovo mito del popolo e della nazione riesce, come sappiamo, a divorare persino interamente l'altro fondamento di legittimazione, quello della morale illuministica e universalistica dei diritti dell'uomo, cui viene sostituito il valore dell'auto-affermazione nazionale. Fu un famoso giuspubblicista tedesco dell'epoca weimariana a dichiarare la dittatura del Führer acclamato dal popolo come una forma di Stato in realtà democratica e a ridurre i diritti fondamentali liberali a diritti "a-politici" ed a parti meramente formali della costituzione che, nel caso estremo, possono metterla in pericolo11.
Dopo la fine del regime nazionalsocialista, delle dittature fasciste e dei sistemi autoritari e, infine, dopo il crollo dell'impero sovietico, l'Europa è ritornata al concetto normativo bipolare di costituzione, che risale agli illuministi rivoluzionari del 1789: "Una società in cui non è assicurata la garanzia dei diritti", e qui si intendono i diritti dell'uomo e del cittadino di per sé, "e non è stabilita la separazione dei poteri, non ha costituzione" (Art. 16). Né si devono dimenticare le altre due proposizioni ad essa collegate: "L'origine di ogni sovranità risiede nella nazione" (Art. 3) e "La legge è l'espressione della volontà generale" (Art. 6). Questo ci permette allo stesso tempo di ritornare al vecchio problema del rapporto fra autonomia privata e autonomia pubblica, fra idea dei diritti dell'uomo e principio di sovranità popolare. Però la storia non si ripete. Nel frattempo la situazione, con il processo d'integrazione europea, è cambiata. Ciò nonostante i problemi teorici non sono comunque diventati più semplici.
II. Un primo tentativo di approccio consiste in una modifica del concetto di costituzione. Dal concetto di costituzione del 1789, un concetto strettamente normativo che rifiuta ogni altra definizione, si ricava un concetto più ampio, descrittivo. Ciò vuol dire che una comunità ha una costituzione in senso giuridico quando il suo potere sovrano è organizzato in modo differenziato e il suo esercizio è giuridicamente regolato, nonché quando i diritti fondamentali dei membri di questa comunità sono ben definiti. A prima vista sembra che non vi sia alcuna differenza rilevante. Qui si tratta invece di una mera somma di elementi concettuali. Così resta fuori la questione della legittimazione. Ciò significa che la giustificazione dell'organizzazione del potere solo e direttamente per mezzo e in forza dei diritti soggettivi dei singoli, pensata nel contesto della rivoluzione del 1789 e costantemente riallacciata alla sua tradizione, viene eliminata. La cancellazione di questo aspetto normativo del concetto neutralizza allo stesso tempo la questione della sovranità. In questa prospettiva, non soltanto i singoli Stati membri dell'Unione Europea, ma certamente anche la Comunità Europea stessa ha una costituzione in senso giuridico12. Al pari delle costituzioni statali moderne, i Trattati di fondazione delle tre Comunità CECA, C(E)E ed Euratom, in seguito il Trattato sull'Unione Europea e gli atti giuridici d'integrazione e modifica di questi Trattati, stabiliscono un sistema differenziato di organi supremi (Consiglio, Commissione, Parlamento, Corte di Giustizia e Consiglio Europeo), definiscono le rispettive competenze e regolano i procedimenti decisionali. Inoltre le libertà fondamentali del Trattato CE attribuiscono ai cittadini dell'Unione diritti soggettivi. Queste libertà, la libertà di stabilimento, la libertà di circolazione di servizi, merci e capitali, si rivolgono in primo luogo contro gli Stati membri e non contro gli Organi comunitari ed appaiono così piuttosto come il mero rovescio della medaglia degli obblighi prioritari degli Stati membri, relativi all'eliminazione degli ostacoli a favore del libero mercato interno. Accanto ai diritti di libertà, vi sono però quei "principi generali di diritto" non scritti, che la Corte di Giustizia ha sviluppato a partire dalle tradizioni giuridiche e costituzionali degli Stati membri e dai principi strutturali dell'UE13. Nell'ambito della consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, si aggiungono a questi una serie di "diritti fondamentali della Comunità". Anche questi, come gli altri principi generali di diritto, figurano come parte del diritto originario dei Trattati, il cd. diritto primario. Comunque, questi "diritti fondamentali della Comunità" non sono riportati in un catalogo dei diritti. Essi valgono come diritto non scritto14.
Ora, in questo ambito, con la Carta europea dei diritti fondamentali15 ci si è chiaramente avvicinati al tipo della costituzione statale bipolare, sul piano della forma, del contenuto e del procedimento di formazione. Per quanto riguarda la forma, questo è evidente. A livello di contenuto, il giurista tedesco ritrova nella Carta tutto ciò che egli già conosce sulla base della sua Legge Fondamentale - ad eccezione della libertà generale d'azione -, inclusi il primato della legge e il principio di proporzionalità (Art. 52 I della Carta). E non solo questo. Nel quarto capitolo, intitolato "Solidarietà", la Carta definisce inoltre un'intera gamma di diritti sociali, i così detti diritti fondamentali di seconda generazione. Proclamata solennemente all'"incontro di vertice" europeo di Nizza nel dicembre del 2000, la Carta, come ben sappiamo, è stata elaborata da un Organo formato dai 15 rappresentanti dei capi di Stato e di Governo degli Stati membri, da un rappresentante della Commissione, da 16 membri del Parlamento Europeo e da 30 membri dei Parlamenti degli Stati membri. Quest'assemblea si è autodefinita "Convenzione", ricollegandosi così in modo pienamente consapevole alla tradizione delle convenzioni costituzionali nordamericane dell'epoca della Rivoluzione. Si potrebbe vedere in questo procedimento un segnale per una "riorganizzazione dell'ordinamento giuridico europeo orientata alla tutela dei diritti fondamentali"16. E questo in tre direzioni. Si potrebbe intendere con ciò - in primo luogo - un più forte controllo giurisdizionale degli atti degli Organi dell'Unione. Per la nostra riflessione sono tuttavia più importanti altre due potenziali dimensioni interpretative. La Carta potrebbe essere compresa, in secondo luogo, come programma di una nuova politica dei diritti dell'uomo, capace di oltrepassare le comunanze di mercato, moneta, tutela dell'ambiente e difesa. E in corrispondenza a ciò, la Carta - e questo è il terzo punto - verrebbe letta anche come tentativo di offrire una nuova base, fondata appunto sui diritti dell'individuo, per operare una ricostruzione scientifica del diritto della Comunità europea e nel contempo per inserire il diritto comunitario all'interno di una nuova prospettiva. La logica di una simile impresa sarebbe la seguente: l'Art. 2 della famosa Déclaration del 1789 diceva che l'obiettivo di ogni associazione politica è la preservazione dei diritti naturali e inalienabili dell'uomo. Ne consegue così che una società, la quale si ponga come obiettivo la tutela dei diritti dell'uomo, deve diventare un'associazione politica. Così intesa, la Carta dei diritti fondamentali potrebbe essere interpretata, secondo lo schema della costituzione bipolare, come passo significativo in direzione di una Federazione europea.
Naturalmente qui si deve subito obiettare che quella Convenzione europea non possedeva alcun mandato democratico per l'elaborazione di una costituzione e che il prodotto del suo operato non è entrato - perlomeno non ancora - nel diritto primario dell'UE e dunque non si pone sullo stesso piano normativo del complesso di regole organizzative17. Ma anche il significato di legittimazione e prospettiva dei testi rivoluzionari del 1776 e del 1789 si affermò indipendentemente dalla forma giuridica. Né la dichiarazione d'indipendenza americana, né la dichiarazione francese dei diritti dell'Uomo e del Cittadino erano atti legislativi. Si trattò semplicemente di mere "dichiarazioni". Questo non ha impedito loro di esercitare un effetto storico universale. Al contrario. E lo stesso vale per il caso dei rappresentanti del terzo stato a Versailles, che non possedevano alcun mandato per un'assemblea costituente. A quel tempo, gli attori e i loro testi potevano considerarsi rappresentativi anche in assenza di un procedimento formalizzato, in quanto essi articolavano una volontà, tanto diffusa quanto profonda, di cambiamenti di principio18. Dal 1789 fino a tutto il XIX secolo e in avanti, l'Europa è stata scossa da una vera e propria "febbre costituzionale"19. Oggi, tuttavia, non si può assolutamente parlare di una situazione rivoluzionaria di questo tipo e di conseguenza è fuori discussione anche la possibilità che la verità e la credibilità, che la autenticità della sua espressione permettano di chiudere un occhio di fronte alle debolezze di procedimento e di forma.
III. Ora, la Carta potrebbe essere incorporata senza dubbio come parte del diritto primario, attraverso il procedimento di revisione dei Trattati previsto dall'Art. 48 TUE. Prima o poi ciò accadrà senz'altro. L'obiezione sollevata contro quest'ipotesi, per timore che l'Unione possa trasformarsi sol per questo in uno Stato, è infondata20. L'Art. 51 II della Carta stabilisce chiaramente che questa non crea nuove competenze per l'UE. Tuttavia, stando all'aspetto esteriore, le regole sull'organizzazione e sull'esercizio del potere sovrano e i limiti espliciti di tale esercizio, legati ai diritti soggettivi, starebbero pur sempre sullo stesso piano normativo, fianco a fianco, come nelle costituzioni statali. Ci sarebbe allora un "testo costituzionale" europeo per una politica dei diritti dell'uomo pensabile a livello europeo, ma non vi sarebbe per una tale politica, come prima, alcun bisogno concreto21. Con dei criteri più dettagliati, la Corte di Giustizia potrebbe comunque rafforzare il suo controllo giuridico sull'operato degli Organi dell'Unione. In tal modo, però, entrerebbe in pericolo l'equilibrio fra processo politico e giurisdizione. In conclusione, con la ratifica della Carta, avremmo una base testuale, ricca di contenuto e di alto livello, per il tentativo di ricostruire alla base il sistema giuridico europeo. Con questo, si vuole indicare l'aspirazione a sostituire l'orientamento del diritto europeo, finora fondato su un'integrazione di tipo economico e sociale, con un ordinamento che, in ragione del programma della cittadinanza dell'Unione e dei diritti dell'uomo, pone l'individuo e i suoi diritti fondamentali in posizione centrale. Del resto, per questo, si potrebbe ricorrere già adesso ai primi due motivi di riflessione del preambolo della Carta22.
Secondo il classico modello della costituzione della comunità politica divisa in due parti, come l'abbiamo descritta all'inizio, sulla via praticabile di una costituzionalizzazione del diritto europeo fondata sui diritti dell'uomo, si devono tenere presenti essenzialmente quattro problemi. Qui si deve prescindere dal fatto che, nell'ordinamento giuridico europeo, i diritti fondamentali fungono, per ora, soltanto da limiti, che anche all'Art. 6 II TUE essi vengono nominati solo come tali e non come obiettivi, e che i diritti fondamentali, o addirittura una comunità di diritti fondamentali, non sono contenuti nei cataloghi degli obiettivi dell'integrazione. Ci occuperemo dunque, ancora una volta, dei seguenti aspetti di una dichiarazione "costituzionale" dei diritti: 1. della sua funzione di legittimazione per le norme organizzative; 2. del rapporto fra i diritti individuali e la formazione della volontà collettiva e cioè del rapporto fra autonomia privata e pubblica; 3. della questione della sovranità e 4. della fondazione ultima del diritto attraverso le dichiarazioni dei diritti dell'uomo.
1. Sarebbe concepibile e - se concepibile - sarebbe anche per qualche motivo desiderabile fondare la legittimità di tutti gli atti degli Organi dell'Unione europea principalmente su un canone di valori della Comunità europea, invece che su determinati obiettivi dell'integrazione, sulla volontà degli artefici del diritto primario e - per quanto riguarda il loro ambito di competenza - sugli atti del Parlamento europeo legittimati sul piano democratico-rappresentativo? Dunque i diritti dell'uomo come fine e fondamento della comunità statale - proprio questo è il senso costituzionale originario di queste dichiarazioni: Rights as the basis and foundation of government, come venne formulato a suo tempo in Virginia23. Sicuramente la Carta dei diritti fondamentali rafforzerebbe la legittimità di tutti gli atti giuridici europei e senza dubbio questo costituirebbe un ulteriore elemento di legittimazione per gli organi dell'Unione europea. Ma è possibile che la Carta rimuova e sostituisca le vecchie fonti di legittimazione nel senso della ricostruzione del sistema che abbiamo postulato? Paradossalmente, per il rinnovo delle vecchie fondamenta, la Carta ratificata dovrebbe fornire non soltanto un grado di legittimazione equivalente a quello finora offerto dalle fonti di giustificazione dell'Unione, dei suoi organi e dei suoi atti, ma addirittura un livello più alto. Poiché a dover essere giustificata non sarebbe soltanto una comunità funzionale, orientata verso obiettivi dell'integrazione determinati e circoscritti, bensì, secondo il cambiamento di sistema che abbiamo inteso, l'attività di una comunità di diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione. Questo presupporrebbe un cambiamento generale di coscienza in Europa, che io non riesco ad immaginarmi e che non mi sembra neppure desiderabile. Donde dovrebbe venire quello slancio rivoluzionario che scaturì un tempo dalla lunga sofferenza politica e dal vivo desiderio di gettare finalmente un nuovo fondamento per un'esistenza comunitaria libera e degna dell'uomo, contro tutte le influenze e le umiliazioni: contro quale ancien régime, contro quali vecchie potenze politiche e sociali deve essere condotto sul campo di battaglia l'esorcista della Carta europea dei diritti fondamentali? Contro gli Stati nazionali, della cui ricca cultura di diritti fondamentali la Carta si nutre? Contro nuovi nemici?
2. Strettamente connessa a questo problema è, come ho accennato, l'altra questione del rapporto fra l'autodeterminazione individuale, rispettivamente sociale, e l'autodeterminazione collettiva. Come si configurerebbe la relazione fra autonomia privata e pubblica, fra volontà individuale del cittadino e volonté générale, alla luce di una Carta dei diritti fondamentali di diritto primario? Si potrebbe sostenere, con una qualche credibilità, che i soggetti di questi diritti individuali determinano, nella loro unificazione politica collettiva verso la Nazione Europea, il destino dell'Unione? Noi sappiamo certamente di quali complicate costruzioni di supporto, di quali molteplici strutture rappresentative ci sia bisogno a livello dello Stato-nazione per far apparire le decisioni nazionali come la forma collettiva delle libertà individuali dei cittadini24. In questo contesto, come sappiamo, rivestono un significato centrale il Parlamento in carica ed i partiti politici, che concorrono per il potere parlamentare di decisione. "Stato di partiti" è la definizione di questa costruzione, che comunque non comporta meno problemi di quanti ne risolva25. In Europa, tuttavia, finora, il Parlamento non è l'organo decisionale centrale, né esistono partiti di un popolo europeo sovrano26. Il Parlamento europeo "si compone dei rappresentanti dei popoli degli Stati che formano la Comunità" (Art. 189 I TCE), non dei rappresentanti di un popolo dell'Unione. Questo carattere della rappresentanza popolare si evidenzia anche nella composizione numerica del Parlamento, in cui gli Stati membri più piccoli sono ampiamente sovrarappresentati27. Con questo, naturalmente, non si vuole affermare che gli atti degli organi europei, in particolare quelli del Consiglio, siano privi di legittimazione democratica. Questi non sono semplicemente autocratici, non si possono richiamare ad un proprio diritto di governo. Ma i canali della legittimazione indiretta mediata dai Parlamenti nazionali non costituiscono alcun soggetto singolare omogeneo di legittimazione, non riconducono ad un Demos. Meno che mai si può parlare in Europa di una società civile omogenea, come essa viene postulata negli Stati nazionali contro le fossilizzazioni dello Stato di partiti28.
3. Quanto poco una Carta dei diritti fondamentali di diritto primario potrebbe essere compresa, dalla prospettiva dei diritti individuali, come dimostrazione di autodeterminazione collettiva europea da parte di un soggetto omogeneo, altrettanto poco questa potrebbe essere concepita, dalla prospettiva inversa del diritto statale, come la proclamazione di un sovrano sovrastatale. E così essa non deve essere assolutamente intesa in nessun caso. Allora di certo il punto di vista di diritto europeo del primato di applicazione del diritto comunitario sul diritto nazionale risulta non solo evidente, ma necessario29. Ma qui si tratta proprio soltanto di status della fonte giuridica, non del primato in forza della sovranità. Sotto l'aspetto dei diritti individuali, i diritti fondamentali attribuiscono ai singoli pretese di astensione o - più raramente - pretese di prestazione. Tali diritti soggettivi possono andare più o meno lontano sui diversi piani giuridici. Nella prospettiva della sovranità, i diritti fondamentali delineano però norme di competenza, più precisamente norme di competenza negative. Sotto questo aspetto, ogni decisione sui diritti fondamentali è una decisione sulle competenze del titolare della sovranità, una decisione sul punto fino a dove si estende la sua sovranità. Per questo il Bundesverfassungsgericht, il Tribunale Costituzionale Federale tedesco, tiene aperto il rapporto fra i diritti fondamentali del Grundgesetz, la Legge Fondamentale tedesca, e il diritto comunitario. Secondo la giurisprudenza sviluppata a partire dalle due decisioni "Solange"30, confermata nella decisione su Maastricht31 e infine mantenuta nella decisione sull'ordinamento del mercato delle banane32, i diritti fondamentali del Grundgesetz tutelano in linea di massima anche contro gli atti sovrani della Comunità Europea. A tal riguardo il Tribunale Costituzionale Federale ritira la sua giurisdizione soltanto perché, a partire dalla decisione "Solange II"33, esso considera la tutela dei diritti fondamentali garantita dagli organi della CE, in particolare dalla Corte Europea di Giustizia (una tutela che si fondava fino a quel momento sui diritti fondamentali non scritti della Comunità), come equivalente, nella sostanza, alla protezione dei diritti fondamentali offerta dal Grundgesetz34. I limiti ultimi del potere sovrano delle Comunità non sono dunque, secondo la visione del Tribunale Costituzionale Federale, i diritti fondamentali del diritto comunitario, bensì i diritti fondamentali del Grundgesetz . Questa opinione viene giustificata soprattutto con il fatto che il potere sovrano delle Comunità sarebbe soltanto, in fondo, potere sovrano derivato, il cui impatto, sul territorio sovrano della Repubblica Federale, si fonda solo sulle leggi di autorizzazione ai trattati internazionali che formano il diritto primario; queste stesse leggi di autorizzazione sarebbero vincolate ai diritti fondamentali del Grundgesetz. Di conseguenza, di fronte ad un conflitto normativo, il "primato" dei diritti fondamentali del Grundgesetz dovrebbe valere anche nel caso in cui la Carta dei diritti fondamentali diventasse parte del diritto primari.
4. Anche se la Carta dovesse essere accolta nel diritto primario della Comunità, non nascerebbe con essa alcuna costituzione nel senso di una "conquista evolutiva" secondo la teoria dei sistemi di Luhmann35. Poiché, in questa prospettiva, la costituzione in senso normativo è il fondamento ineludibile, ultimo, unitario ed esclusivo di un ordinamento giuridico positivo. La base giuridica dell'Unione Europea resterebbe però, anche con l'incorporazione della Carta dei diritti fondamentali, un diritto in fin dei conti derivato, come diritto contrattuale degli Stati membri, anche se questo, grazie alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha acquisito da tempo una considerevole dinamica interna. Tagliare quei rapporti di derivazione fra diritto internazionale e statale, fare in modo che il diritto europeo si regga interamente da sé, sostituire il potere di fondazione di diritto positivo degli Stati quali "padroni dei Trattati" (come dice il Tribunale Costituzionale Federale) con un proprio mito di fondazione europeo nello stile del potere costituente nazionale-statale del popolo, ciò avrebbe il significato di una rivoluzione. E una rivoluzione è piuttosto improbabile. Più probabile è la crescente "formazione di rapporti di equilibrio fino al raggiungimento, per una volta possibilmente constatabile, di uno stato complessivo (para)statale"36.
(traduzione dal tedesco di Sara Cappanera, Bremen)
Note:
1 Sulla evoluzione di questo tipo vedi H. HOFMANN, Zur Idee des Staatsgrundgesetzes, in Id., Recht - Politik - Verfassung, 1986, pp. 261ss.
2 Il primo ad aver analizzato questa dialettica è stato l'"hegeliano di sinistra" BRUNO BAUER, Geschichte der Politik, Kultur und Aufklärung des 18. Jahrhunderts, 1843 - 44, ristampa 1965, Bd. I, p. XI.
3 Cfr.HASSO HOFMANN,Zur Herkunft der Menschenrechtserklärungen, in ID., Verfassungsrechtliche Perspektiven, 1995, pp. 3 ss.
4 Un'esposizione classica della evoluzione della dottrina del potere costituente del popolo è quella di EGON ZWEIG, Die Lehre vom Pouvoir Constituant, 1909.
5 Cfr. JOSEF ISENSEE, Grundrechte und Demokratie - Die polare Legitimation im grundgesetzlichen Gemeinwesen, 1981.
6 Cfr. JÜRGEN HABERMAS, Über den internen Zusammenhang von Rechtsstaat und Demokratie, in: Zum Begriff der Verfassung, hg. v. Ulrich K. Preuß, 1994, pp. 83 ss. (94); ID., Faktizität und Geltung, 1992, p. 135, pp. 161s. ; ROBERT ALEXY, Die Institutionalisierung der Menschenrechte im demokratischen Verfassungsstaat, in Philosophie der Menschenrechte, hg. v. Stefan Gosepath und Georg Lohmann, 2. Aufl. 1999, pp. 244 ss. (261).
7 Sul punto e su quanto segue cfr. HASSO HOFMANN, Il contenuto politico delle dichiarazioni dei diritti dell'uomo, in "Filosofia Politica" 5 (1991), pp. 373 ss.
8 Vedi Idee des Staatsgrundgesetzes (nota 1), pp. 266 ss.
9 Questo principio, recepito dalla costituzione della restaurazione borbonica del 1814 nelle costituzioni della Germania meridionale e diventato elemento centrale del diritto costituzionale tedesco con l'atto finale di Vienna del 1820, affermava che tutto il potere statale si riunisce nell'autorità statale del monarca e che il sovrano è limitato da esso solo nell'esercizio di singole facoltà e ciò anche da diritti concorrenti dei parlamenti locali concessi da lui stesso in maniera unilaterale. In merito cfr. ERNST RUDOLF HUBER, Deutsche Verfassungsgeschichte seit 1789, Bd. 1, ristampa della 2. edizione, 1990. pp. 651 ss.
10 Sulla nazionalizzazione della questione costituzionale, a partire circa dal 1830, vedi ELISABETH FEHRENBACH, Verfassungsstaat und Nationsbildung: 1815-1871, 1992.
11 Cfr. HASSO HOFMANN, Legittimità contro legalità. La filosofia politica di Carl Schmitt, a cura di R. Miccù, 1999, pp. 160, 180 ss., 185 s., 189 ss.
12 Fondamentale PIERRE PESCATORE, Die Gemeinschaftsverträge als Verfassungsrecht - ein Kapitel Verfassungsgeschichte aus der Perspektive des europäischen Gerichtshofs, systematisch geordnet, in Festschrift für Hans Kutscher, 1981, pp. 319 ss. La Corte di giustizia delle Comunità europee vede il diritto primario nella giurisprudenza costante quale "costituzione"; cfr. MANFRED ZULEEG, Die Verfassung der Europäischen Gemeinschaft in der Rechtsprechung des Europäischen Gerichtshofs, in: BB 1994, pp. 581 ss. ; ma vedi anche già BVerfGE 22, 293 (296): il Trattato delle Comunitè economiche è "in una certa misura la costituzione di questa comunità". Questa flessibilizzazione del concetto di costituzione appare negli studiosi di diritto europeo solo come differenziazione tipologica graduale, nel momento in cui il "carattere dinamico" viene dichiarato quale caratteristica essenziale della Costituzione europea: Verfassungsentwicklung in der Europäischen Gemeinschaft, in: Eine Verfassung für Europa, hg. v. Jürgen Schwarze u. Roland Bieber, 1984, pp. 15 ss. Il vecchio maestro Hans Peter Ipsen ha contrapposto in un gioco di parole alla statica delle costituzioni statali, che soggiacciono continuamente ad una graduale "trasformazione costituzionale", la "trasformazione costituzionale" ("Wandelverfassung") della comunità europea: Die Verfassungsrolle des Europäischen Gerichtshof für die Integration, in: Der Europäische Gerichtshof als Verfassungsgericht und Rechtsschutzinstanz, hg. v. Jürgen Schwarze, 1983, pp. 29 ss. (50 s. ). Vedi anche MARCEL KAUFMANN, Permanente Verfassungsgebung und verfassungsrechtliche Selbstbindung im europäischen Staatenverbund, in "Der Staat" 36 (1997), pp. 521ss. - Su tutto l'ambito problematico recentemente RUDOLF STEINBERG, Grundgesetz und Europäische Verfassung, in ,ZRP" 1999, pp. 365 ss.
13 Cfr. THOMAS OPPERMANN, Europarecht, 2. Aufl. 1999, pp.185 ss.
14 Su questo problema CHRISTIAN CALLIES, Die Charta der Grundrechte der Europäischen Union - Fragen der Konzeption, Kompetenz und Verbindlichkeit, in "EuZW" 2001, pp. 261 ss. (262).
15 Nella ricchissima letteratura tedesca sul tema cfr. Almeno SUSANNE BAER, Grundrechtecharta ante portas, in "ZRP" 2000, pp. 361 ss. ; UDO DI FABIO, Eine europäische Charta, in: "JZ" 2000, pp. 737 ss. ; INGOLF PERNICE, Eine Grundrechte-Charta für die Europäische Union, in "DVBl. " 2000, pp. 847 ss. ; ALBRECHT WEBER, Die Europäische Grundrechtscharta - auf dem Weg zu einer europäischen Verfassung, in "NJW" 2000, pp. 537 ss. MANFRED ZULEEG, Zum Verhältnis nationaler und europäischer Grundrechte - Funtionen einer EU-Charta der Grundrechte, in: "EuGRZ" 2000, pp. 511ss.
16 ARMIN VON BOGDANDY, Grundrechtsgemeinschaft als Integrationsziel? - Grundrechte und das Wesen der Europäischen Union, in "JZ" 2001, pp. 157 ss. (158).
17 Sul carattere presente della Carta come mera dichiarazione cfr. CALLIES (nota 14), p. 267.
18 Cfr., con rinvii ulteriori, HASSO HOFMANN, Von der Staatssoziologie zu einer Soziologie der Verfassung?, in: "JZ" 1999, pp. 1065 ss. (1069 ss. ).
19 Su questa "febbre costituzionale" dell'epoca delle rivoluzioni cfr. WOLFGANG SCHMALE, Entchristianisierung, Revolution und Verfassung in Frankreich, 1715 - 1794, 1988.
20 Cfr. DI FABIO (nota 15), pp. 737 ss.
21 Vedi sul punto, nei dettagli, la penetrante analisi di von ARMIN VON BOGDANDY (nota 16).
22 Dove infatti si dice: " Consapevole del suo patrimonio spirituale-religioso e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l'Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto. Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, di sicurezza e di diritto. - L'Unione contribuisce al mantenimento e allo sviluppo di questi valori comuni, nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli europei, dell'identità nazionale degli Stati membri e dell'ordinamento dei loro poteri statali a livello nazionale, regionale e locale; essa si sforza di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali nonché la libertà di stabilimento".
23 Cfr. HASSO HOFMANN, Herkunft der Menschenrechtserklärungen (nota 3), pp. 17s.
24 Sui problemi della democrazia rappresentativa ERNST-WOLFGANG BÖCKENFÖRDE, Demokratische Willensbildung und Repräsentation, in: Handbuch des Staatsrechts, hg. von Josef Isensee und Paul Kirchhof, Band II, 1987, § 30.
25 Sullo "Stato di partiti" MICHAEL STOLLEIS, Parteienstaatlichkeit- Krisensymptome des demokratischen Verfassungsstaates?, in "VVDStRL" 44 (1985), pp. 7 ss.
26 Cfr. DIETER GRIMM, Braucht Europa eine Verfassung?, in: "Juristenzeitung" 1995, pp. 581ss.
27 Cfr. MARCEL KAUFMANN, Europäische Integration und Demokratieprinzip, 1997, pp. 252 ss. (con una sinossi numerica e tabelle alla nota 150).
28 Vedi sul punto GÜNTER FRANKENBERG, Die Verfassung der Republik - Autorität und Solidarität in der Zivilgesellschaft, 1996, pp. 41 ss.
29 Cfr. OPPERMANN (nota 13), pp. 229 ss.
30 BVerfGE 37, 271 - Solange I; BVerfGE 73, 339 - Solange II.
31 BVerfGE 89, 155.
32 BVerfGE 2 BvL 1/97, decisione del 7. 6. 2000, DÖV 2000, S. 957.
33 Cfr. nota 30.
34 BVerfGE 73, 339 (375ff. ).
35 NIKLAS LUHMANN, Verfassung als evolutionäre Errungenschaft, in "Rechtshistorisches Journal" 9 (1990), PP. 176 SS. ; ID. , Das Recht der Gesellschaft, 1993, pp. 470 ss. Più da vicino sul punto HOFMANN (nota 18), pp. 1071ss.
36 PETER LERCHE, Europäische Staatlichkeit und die Identität des Grundgesetzes, in: Festschrift für Konrad Redeker, 1993, pp. 131ss. (144). Su una posizione simile si trova l'approfondito saggio di STEFAN OETER Souveränität und Demokratie als Probleme in der "Verfassungsentwicklung" der Europäischen Union, in ZaöRV 55 (1995), S. 659ff. ) mit ihrem "Blick auf die vielfältigen Möglichkeiten der Konstruktion gestufter Staatlichkeit in föderalen Gefügen (707). Cfr. anche GUNNAR FOLKE SCHUPPERT, Zur Staatswerdung Europas - Überlegungen zu Bedingungsfaktoren und Perspektiven der europäischen Verfassungsentwicklung, in "StWStP" 5 (1994), pp. 35 ss. Vedi anche JÜRGEN HABERMAS, Warum braucht Europa eine Verfassung?, in "DIE ZEIT" Nr. 27 del 28. 6. 2001, p. 7, su un possibile effetto catalizzatore di una "costituzione" europea. Cfr. anche ROLAND BIEBER, Steigerungsform der Europäischen Union: Eine Europäische Verfassung, in Verfassungsrecht im Wandel, hg. v. Jörn Ipsen u. a., 1995, pp. 291ss.; MEINHARD SCHRÖDER, Grundsatzfragen einer europäischen Verfassunggebung, ivi, pp. 509 ss.
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